Corriere della Sera

Bpm-Banco a un passo dall’accordo

I presidenti dei due istituti in Bankitalia, gli amministra­tori delegati alla Bce L’intesa potrebbe arrivare nel fine settimana. Il nodo del doppio voto in assemblea

- Fabrizio Massaro

È in dirittura d’arrivo l’annuncio della fusione tra la Popolare di Milano e il Banco Popolare, la prima aggregazio­ne a prendere forma a un anno esatto dal decreto Renzi che ha imposto la trasformaz­ione in società per azioni per gli istituti cooperativ­i più grandi. Ancora ieri sera i consigli non erano stati convocati: gli amministra­tori sarebbero comunque pronti a una chiamata ad horas per questa domenica, anche se diverse fonti prendevano tempo e rinviavano i due board alla prossima settimana. «Di fatto l’operazione è pronta», hanno detto due fonti a conoscenza del dossier. Nascerebbe il terzo gruppo bancario, dietro Intesa Sanpaolo e Unicredit.

Risolte sostanzial­mente le questioni della governance e dei concambi — uno scambio azionario di fatto paritario (12 azioni della Bpm per 1 del Banco) — resterebbe aperto il nodo legale dell’assemblea, al quale lavorano i legali delle due parti (Giuseppe Lombardi e Carlo Pavesi). Due le ipotesi sul tavolo: una prevedereb­be un unico voto in assemblea che decida contempora­neamente fusione e trasformaz­ione in spa; l’altra prevedereb­be due votazioni distinte, prima per la trasformaz­ione in spa, poi per l’integrazio­ne. Il passaggio non è di poco conto: nel primo caso, a decidere sulla superbanca saranno i soci cooperativ­i secondo il principio «una testa, un voto»; nel secondo caso, saranno i soci di capitale, in base al possesso azionario. Agli azionisti verrebbe presentata l’operazione nel suo complesso, compresi anche l’indicazion­e dei nomi dei consiglier­i di amministra­zione. Ma sembra che la scelta si stia orientando per il voto unico.

I titoli ieri hanno beneficiat­o dei positivi sviluppi delle trattative, specialmen­te in una giornata di rimbalzo generale: Bpm +10% a 0,63 euro, Banco +15% a 7,02 euro. La giornata è stata cruciale. Il presidente dell’istituto veronese, Carlo Fratta Pasini, e i numeri uno della Bpm, Piero Giarda e Mario Anolli, sono stati ricevuti in Banca d’Italia, mentre gli amministra­tori delegati del Banco, Pier Francesco Saviotti, e della Milano, Giuseppe Castagna, sono volati a Francofort­e per presentare alla Vigilanza unica guidata da Danièle Nouy l’operazione, cui hanno lavorato come advisor Mediobanca, Merrill Lynch e Colombo & associati (Banco) e Lazard e Citi (Bpm). È la prima volta che si fondono due istituti sotto la vigilanza Bce.

L’impianto di governance dovrebbe prevedere una holding con un board tradiziona­le di 19 amministra­tori (con 3 vicepresid­enti di cui uno vicario) più 5 sindaci; Fratta Pasini sarebbe presidente, Saviotti presidente del comitato esecutivo di 7 membri. Nove amministra­tori saranno di provenienz­a Banco, 7 Bpm e tre indipenden­ti tra i quali Castagna che sarà ceo, mentre Maurizio Faroni resta direttore generale con delega alla finanza. Per un triennio ci sarebbe una banca-rete controllat­a, la Bpm spa, con un suo board di 9 amministra­tori (6 di Bpm, 3 del Banco). Ma restano in allerta i sindacati, che in Bpm contano parecchio, per timori che i costi della fusione vengano fatti cadere sui lavoratori: «Bene se il governo introdurrà una migliore fiscalità per agevolare le fusioni fra banche, ma al primo accenno di licenziame­nto scendiamo in strada con scioperi», ha detto il segretario generale Fabi Lando Sileoni, che ha chiesto «una cabina di regia del governo» sulle fusioni.

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