Corriere della Sera

Il sadismo di Schnitzler in una regia monocorde

- di Franco Cordelli

Ippolito Pizzetti, il magnifico traduttore di Scandalo, lo incontravo tutte le mattine, quando c’era l’abitudine di uscire presto per comprare i giornali. Me ne è venuta improvvisa nostalgia vedendo lo spettacolo che Franco Però ha tratto dalla commedia (inedita) di Arthur Schnitzler.

Pizzetti è morto quasi dieci anni fa, Però aveva ricevuto il testo molto tempo prima, non si riuscì a metterlo in scena. Ma se Pizzetti fosse ancora vivo lo avrei fermato e gli avrei chiesto in che anno Scandalo fu scritto. È un mistero. Nel testo che ascoltiamo si parla del 1915. Nel programma di sala (che contiene il testo) non ve ne è notizia; né questo titolo appare nella biografia che all’autore austriaco dedicò Giuseppe Farese. Bisogna ricorrere a Wikipedia, dove in una voce inglese The Legacy ( Il testamento, Il lascito, ovvero in originale Das Vermächtni­s) appare datato 1898. La differenza non è di poco conto. Più tardi, negli anni della guerra e dopo la guerra, l’attenzione di Schnitzler, che era diventato amico di Freud, s’indirizzò con maggior vigore verso i processi psichici, verso le «tenebre». In Scandalo dominante, come indica la scelta del titolo italiano, è la critica sociale: critica del perbenismo, dell’ipocrisia, dell’idea di tribù (meglio che di classe) in cui viveva rinserrata la buona società viennese — di quando se non di fine secolo? Tuttavia Schnitzler era già Schnitzler: se divenne amico di Freud fu anche perché gli somigliava. In Scandalo gli atti sono tre, ognuno dei tre finisce con una morte (il terzo, tecnicamen­te, con una sparizione). Ma se la morte del giovane Hugo, nel primo atto, ha la sua plausibili­tà realistica (egli cade da cavallo e prima di morire prega i genitori di accogliere in casa l’amante a tutti ignota e il figlio di cinque anni); e se questo testamento è la molla drammaturg­ico-narrativa, come dobbiamo giudicare la morte alla fine del secondo atto del bambino, se non come una mera escogitazi­one? Non se ne coglie un accenno che la lasci presagire o giustifich­i.

Una domanda analoga ci facciamo alla fine del terzo atto. L’amante di Hugo era stata accolta, ma ora che il bambino è morto non c’è ragione di tenerla in casa. Sono quasi tutti d’accordo. Perché allora la ragazza Toni lascia intendere di voler morire se non per il puro sadismo dell’autore? A esso si aggiunge una nota che direi repressiva del regista.

Vi è nella sua messa in scena una uniformità di tono sfibrante che trova un correlato oggettivo nell’uniformità dei costumi, e di più nel colore specifico dei vestiti di uomini e donne; non si esce da variazioni del beige — scelta che rispecchia la difficoltà di prendere partito, ossia di prenderlo nascondend­osi — così raddoppian­do, nel mimetismo, il mondo descritto da Schnitzler. Ci vorrebbe un po’ d’aria. Ma gli attori non aprono finestre. Franco Castellano sembra alzare la voce per farsi notare. Stefania Rocca compie gesti forti (baci e schiaffi) non previsti dal testo, rendendo eloquente il suo personaggi­o di ex amante di Hugo. Gli altri, superfluo dirlo, recitano tutti con moderazion­e, con garbo — come si conviene.

 ??  ?? Insieme Stefania Rocca (44 anni) e Franco Castellano (59), protagonis­ti della nuova regia di Franco Però, «Scandalo»
Insieme Stefania Rocca (44 anni) e Franco Castellano (59), protagonis­ti della nuova regia di Franco Però, «Scandalo»

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy