«Dal set di Woody ai fumetti i miei film senza pregiudizi»
Jesse Eisenberg: ho tutti i difetti per passare da un ruolo all’altro
LOS ANGELES Non stupisce che, dopo averlo voluto in To Rome
with Love, Woody Allen abbia scelto Jesse Eisenberg come protagonista, al fianco di Kristen Stewart, della sua ultima commedia romantica, ancora senza titolo, ambientata negli anni Venti, girata con automobili, arredamenti e abiti d’epoca tra Los Angeles e la Grande Mela.
Jesse, nato nel 1983 a New York, nel distretto di Queens, che presto sarà sui nostri schermi con Jason Segel in The End of the Tour – Un viaggio con David Foster Wallace, ha tutte le qualità, «e i creativi difetti, come sempre mi diceva sul set» sorride l’attore, per essere in sintonia con Woody. Infatti è un apprezzato commediografo, passa da Broadway allo schermo, interpreta
copioni indipendenti e impegnati e si diverte a trasformarsi in Lex Luthor nell’atteso Batman v Superman: Dawn of Justice con Ben Affleck ed Henry Cavill. Jesse considera Allen «il mio scrittore preferito di commedie malinconiche e brillanti con radici psicoanalitiche e condite da ironia»; a Woody era piaciuta molto la sua interpretazione di Mark Zuckerberg in The Social Network.
Woody non è mancato a New York, quattro decadi dopo il suo debutto come commediografo e protagonista a Broadway in Provaci ancora,
Sam, alla prima off Broadway della commedia scritta e interpretata da Jesse, Asuncion, nei panni di un nevrotico perdente. Racconta il giovane attore: «Mai, anche se il cinema mi ha dato lavoro persino come doppiatore di un pappagallo blu in
Rio, ho smesso di scrivere». L’attore fa parte di una certa élite colta e preparata di attori della sua stessa generazione. Come, ad esempio, anche lui scrittore e autore di piccoli libri conditi dai suoi disegno, Joseph Gordon-Lewitt ( The
Walk), molto amico di Jesse al pari di Jason Segel. «Quando Jason, il regista James Ponsoldt ed io abbiamo proiettato al Sundance 2015 The End of the
Tour — ricorda —, la platea era entusiasta. Come diventare
se stessi, il libro di Wallace alla base del copione, è considerato di culto dai giovani e non solo. Nel film sono un giornalista di Rolling Stone, David Lipsky, che nel 1996, per cinque giorni, ha intervistato lo scrittore morto poi suicida nel 2008, un autore che è un punto di riferimento per la mia generazione».
« Non ho preconcetti — spiega — e posso passare con lo stesso interesse da un film come The End of the Tour a una puntata tv di “Modern Family”. Da attore e scrittore sono goloso, ma certamente diretto da Woody, ho “sorbito” ogni sua lezione di cinema e di studio della luce. È stata una delle mie esperienze più eccitanti. Quasi come leggere per la prima volta un libro di Philip Roth o fingere di intervistare Foster Wallace e incontrare il vero Lipsky».
Prosegue: «Mi sono divertito un sacco con il criminale dei criminali Lex Luthor, al quarto posto nella lista dei più cattivi della storia dei fumetti, che detesta Superman, si considera l’avversario numero uno di Batman e semina zizzania a Metropolis. Il film sarà un blockbuster, ma c’è una fetta precisa di pubblico per Woody e anche per film come The End of the Tour, che il Sundance, da dove il successo della pellicola è partito, ha molto aiutato, al pari di altri Festival. Se tante sale chiudono, anche per colpa dei network come Netflix, i Festival le riaccendono e generano per i film grandi attese. Spero che la commedia dolceamara di Woody, in cui io mi innamoro del personaggio interpretato da Kristen Stewart, con cui ho recitato più volte, vada a tante manifestazioni. Da Adventureland al recente American Ultra c’è affiatamento tra noi e Woody sul set si divertiva, sornione, a punzecchiarci come una vecchia coppia per avere da noi il meglio».