Corriere della Sera

La crisi del calcio italiano e le farfalle di Sbarbaro

- Di Beppe Severgnini

Ilibri non c’è bisogno di andarli a cercare: arrivano da soli. Chiudo il giornale, dove ho letto del caro-prezzi per lo stadio, mi cade l’occhio su un libro di poesie di Camillo Sbarbaro. Apro a caso. «Provo un disagio simile a chi veda / inseguire farfalle lungo l’orlo / d’un precipizio, od una compagnia / di strani condannati sorridenti». Perfetto, direi. Questo è il calcio italiano, oggi.

Voi direte: usare Sbarbaro per ammonire le società di calcio è come spargere profumo di Hermès su un dromedario. Vero, ma qualcosa bisogna tentare per impedire d’affossare un gioco splendido. Il calcio inglese sta dimostrand­o d’essere esoso (prezzo medio del biglietto 74 euro).

Quello italiano, masochista. Non c’è solo la tollerata illegalità degli stadi, luoghi dove è permesso insultare a causa del «cuore» e minacciare in nome della «fede». Anche da noi andare alla partita costa troppo (in media 69 euro): prezzo ingiustifi­cato, considerat­i i disagi imposti.

Leggo che, nei bilanci dei club italiani, la voce «incassi da stadio» vale l’8% e gli impianti vengono occupati al 58% (contro il 96% in Inghilterr­a).

Una battaglia persa, conclude Guido De Carolis sul Corriere. Come possono accettarlo, le società indebitate? Uno stadio pieno è uno spettacolo mozzafiato: molti sono disposti a pagarlo (il giusto). Ma dev’essere accessibil­e, godibile, ripetibile. Senza regole, senza barriere, senza schedature (questo è la «tessera del tifoso», non altro).

Dovremmo essere liberi, la domenica, di salire in auto e portare i figli a vedere la squadra in trasferta, e andarcene al ristorante dopo la partita, e tornare a casa parlando di una bella giornata insieme.

In passato ho portato mio figlio a Marassi (siamo nerazzurri con un debole per i rossoblu). Vorrei farlo a Firenze, domenica. Ma dovrei usare accrediti o conoscenze: altrimenti sarebbe complicato.

Il calcio italiano insegue farfalle sull’orlo del precipizio. La storia è simile in tutti gli stadi. Duecento matti che vogliono giocare alla guerra e duemila indemoniat­i pronti a insultare il sole al tramonto tengono uno sport sotto ricatto.

Non è più solo una questione di sportività e serietà.

C’è una terza S: è una questione di soldi. Chissà che qualcuno non faccia quattro conti, e si svegli.

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