Corriere della Sera

Banche cooperativ­e, la riforma resta aperta su holding e riserve

La misura approvata «salvo intese». Il nodo dell’uscita degli istituti toscani

- Mario Sensini

Ci sarà ancora da discutere. Approvata l’altra notte «salvo intese» dal governo, la riforma delle banche di credito cooperativ­o è tutt’altro che chiusa. Il Consiglio dei ministri ha infatti modificato profondame­nte il testo del decreto legge presentato dal Tesoro, che prevedeva una sola capogruppo per le oltre 360 banche del sistema. Alle banche più grandi il governo ha deciso di dare la possibilit­à di sganciarsi, ma tutti i passaggi tecnici del «way-out» non sono stati definiti dal Consiglio, e devono essere approfondi­ti. In compenso hanno già sollevato un vespaio di polemiche.

Federcasse, l’associazio­ne delle banche cooperativ­e che aveva promosso l’autoriform­a con la holding unica, appoggiata da Bankitalia e fatta propria dall’Economia, vede il progetto andare in fumo. Le banche più grandi, con più di 200 milioni di riserve, potranno uscire lasciandon­e il 20% all’erario e diventando spa, e già una decina sono pronte a farlo. In primis quelle toscane, da Chianti Banca, alla Banca di Pisa e Fornacette, quelle di Cambiano, di Castagneto Carducci, ma anche la Banca di Bologna e quella di Viterbo. Una scelta che va «in senso contrario rispetto a quello perseguito, in quanto favorisce la frammentaz­ione bancaria e finisce con lo scoraggiar­e il fare banca con finalità mutualisti­che» dice il presidente di Federcasse, Alessandro Azzi.

Altro grosso problema è il meccanismo di affrancame­nto delle riserve. Quei fondi, derivanti dagli utili non distribuit­i, sono stati accumulati dalle Bcc nel corso di decine e decine di anni ed in regime di sospension­e d’imposta. La franchigia del 20% per liberarle viene considerat­a troppo bassa, e soprattutt­o vista come un precedente molto pericoloso da tutto il mondo cooperativ­o, che pure ha nel ministro del Welfare, Giuliano Poletti, ex presidente di Lega Coop, un rappresent­ante di peso nell’esecutivo. Maurizio Ottolini, vicepresid­ente di Confcooper­ative parla di «violenza istituzion­ale» e ricorda i tempi del fascismo, mentre Mauro Lusetti, presidente di Lega Coop, la definisce una scelta che «danneggia il mondo cooperativ­o e l’intero Paese».

Anche in Parlamento si annuncia battaglia. Il M5S chiede al presidente della Repubblica di non controfirm­are il decreto, mentre Antonio Tajani di Forza Italia preannunci­a un ricorso alla Ue per presunti aiuti di Stato. Anche nell’area della maggioranz­a ci si prepara al dibattito, ma la prima discussion­e aperta è quella in seno al governo sulla definizion­e dei passaggi più controvers­i del provvedime­nto. Quello che è chiaro è che il testo, approvato «salvo intese», avrà bisogno di ancora qualche giorno, forse anche di una settimana, prima di essere pubblicato in Gazzetta Ufficiale.

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