Banche cooperative, la riforma resta aperta su holding e riserve
La misura approvata «salvo intese». Il nodo dell’uscita degli istituti toscani
Ci sarà ancora da discutere. Approvata l’altra notte «salvo intese» dal governo, la riforma delle banche di credito cooperativo è tutt’altro che chiusa. Il Consiglio dei ministri ha infatti modificato profondamente il testo del decreto legge presentato dal Tesoro, che prevedeva una sola capogruppo per le oltre 360 banche del sistema. Alle banche più grandi il governo ha deciso di dare la possibilità di sganciarsi, ma tutti i passaggi tecnici del «way-out» non sono stati definiti dal Consiglio, e devono essere approfonditi. In compenso hanno già sollevato un vespaio di polemiche.
Federcasse, l’associazione delle banche cooperative che aveva promosso l’autoriforma con la holding unica, appoggiata da Bankitalia e fatta propria dall’Economia, vede il progetto andare in fumo. Le banche più grandi, con più di 200 milioni di riserve, potranno uscire lasciandone il 20% all’erario e diventando spa, e già una decina sono pronte a farlo. In primis quelle toscane, da Chianti Banca, alla Banca di Pisa e Fornacette, quelle di Cambiano, di Castagneto Carducci, ma anche la Banca di Bologna e quella di Viterbo. Una scelta che va «in senso contrario rispetto a quello perseguito, in quanto favorisce la frammentazione bancaria e finisce con lo scoraggiare il fare banca con finalità mutualistiche» dice il presidente di Federcasse, Alessandro Azzi.
Altro grosso problema è il meccanismo di affrancamento delle riserve. Quei fondi, derivanti dagli utili non distribuiti, sono stati accumulati dalle Bcc nel corso di decine e decine di anni ed in regime di sospensione d’imposta. La franchigia del 20% per liberarle viene considerata troppo bassa, e soprattutto vista come un precedente molto pericoloso da tutto il mondo cooperativo, che pure ha nel ministro del Welfare, Giuliano Poletti, ex presidente di Lega Coop, un rappresentante di peso nell’esecutivo. Maurizio Ottolini, vicepresidente di Confcooperative parla di «violenza istituzionale» e ricorda i tempi del fascismo, mentre Mauro Lusetti, presidente di Lega Coop, la definisce una scelta che «danneggia il mondo cooperativo e l’intero Paese».
Anche in Parlamento si annuncia battaglia. Il M5S chiede al presidente della Repubblica di non controfirmare il decreto, mentre Antonio Tajani di Forza Italia preannuncia un ricorso alla Ue per presunti aiuti di Stato. Anche nell’area della maggioranza ci si prepara al dibattito, ma la prima discussione aperta è quella in seno al governo sulla definizione dei passaggi più controversi del provvedimento. Quello che è chiaro è che il testo, approvato «salvo intese», avrà bisogno di ancora qualche giorno, forse anche di una settimana, prima di essere pubblicato in Gazzetta Ufficiale.