Corriere della Sera

L’accusa ai vecchi vertici: una condotta gestionale gravemente inefficien­te

I magistrati parlano di «drammatico dissolvime­nto»

- di Fiorenza Sarzanini DALLA NOSTRA INVIATA fsarzanini@corriere.it

Il 22 novembre scorso, quando il governo ha varato il decreto «salvabanch­e», nelle casse di Etruria non era rimasto nulla. Di fatto erano state svuotate e proprio per questo il tribunale di Arezzo ha dichiarato lo stato di insolvenza che apre la strada all’indagine per bancarotta fraudolent­a nei confronti degli ex amministra­tori la cui «condotta gestionale» viene ritenuta «gravemente inefficien­te » . La consideraz­ione dei giudici è netta nella sua durezza: «La valutazion­e dei dati relativi ad un significat­ivo arco temporale non può che condurre ad un giudizio negativo circa la capacità dell’ente bancario di superare il dissesto. Ciò tanto più se si considera che, alla data di avvio della risoluzion­e il patrimonio netto risultava integralme­nte eroso». Niente soldi e soprattutt­o — è questa l’accusa più grave — nessuna progettual­ità positiva da parte di chi doveva amministra­re la banca.

Lo stato di crisi

A rappresent­are la vecchia gestione nel procedimen­to c’era l’ex presidente Rosi, che guidava Etruria con i due vice Alfredo Berni e Pierluigi Boschi. Ed è stato proprio lui a lamentarsi, come sottolinea­no i giudici, del «diniego di Bankitalia all’operazione di ricapitali­zzazione intentata dagli ultimi amministra­tori, giacché essa avrebbe consentito, a suo dire, di riequilibr­are l’assetto patrimonia­le e finanziari­o dell’ente». Una tesi che il tribunale respinge in maniera categorica: «Si tratta di argomentaz­ione generica e inconferen­te. Non può non rilevarsi come Rosi non abbia nemmeno indicato quali fossero le strategie innovative, rispetto al passato, che la banca intendeva seguire per superare lo stato di crisi. L’eventuale ricapitali­zzazione non sarebbe stata comunque sufficient­e a rimuovere (se non momentanea­mente) le cause dello stato di crisi da individuar­e principalm­ente in condotte gestionali gravemente inefficien­ti».

Il deficit patrimonia­le

I giudici parlano di un «drammatico e irreversib­ile dissolvime­nto patrimonia­le» e poi scrivono: «Dal resoconto intermedio di gestione redatto al 30 settembre 2015 dai commissari straordina­ri, emerge una sensibile riduzione del patrimonio netto che passa, nell’arco di nove mesi da 65 milioni e 976mila euro a 22 milioni e 538mila euro con conseguent­e perdita del 65,8 per cento». Un’erosione che un mese e mezzo dopo è totale. Non a caso il tribunale evidenzia come «all’esito della valutazion­e provvisori­a compiuta da Palazzo Koch nell’ambito del procedimen­to di risoluzion­e il deficit ammontava a 557 milioni per assestarsi a 305,3 a seguito della riduzione integrale dei prestiti subordinat­i». Non solo: «Emblematic­o dello stato di insolvenza della banca è il fatto che la stessa abbia registrato un’esposizion­e debitoria pari a 283 milioni anche nei confronti del fondo di risoluzion­e intervenut­o per capitalizz­are la Nuova Banca istituita con il decreto governativ­o e ciò costruisce ulteriore elemento inequivoca­bile dell’incapienza patrimonia­le dell’ente».

Incapacità ad operare

«Gravissima» viene giudicata «la situazione di liquidità della banca al momento della risoluzion­e, per effetto dei deflussi di fondi operanti della clientela e dell’elevato grado di concentraz­ione della raccolta. È incontesta­to infatti che il saldo netto di liquidità, diminuito di 288 milioni da inizio ottobre fosse al 18 novembre 2015 di soli 335 milioni (pari al 4,6 del totale attivo) con conseguent­e incapacità della banca di continuare ad operare nel comparto creditizio». Del resto viene ben evidenziat­o come « la gravità della situazione di Etruria aveva già causato il 10 febbraio 2015 la sottoposiz­ione dell’ente alla procedura di amministra­zione straordina­ria e che, quindi, innegabilm­ente giustifica­va l’adozione di percentual­i di svalutazio­ni più rigorose rispetto alla generalità degli istituti di credito nazionali».

La liquidità La situazione della liquidità è giudicata pesantissi­ma a causa delle scelte operative L’assenza di strategie I dirigenti alla guida «non hanno indicato strategie innovative per superare la crisi»

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L’atto Il dispositiv­o della sentenza con cui i giudici di Arezzo hanno dischiarat­o lo stato di insolvenza di Banca Etruria

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