Kaesong «militarizzata» e gli atti ostili tra le due Coree
Le sanzioni internazionali cominciano a colpire la Corea del Nord al cuore, cioè al portafogli: il governo di Seul ha chiuso Kaesong, il grande parco industriale 10 chilometri all’interno del Nord dove 124 aziende sudcoreane danno lavoro a 54 mila operai nordcoreani i cui stipendi (bassi) ma in dollari portano valuta pregiata nelle casse di Pyongyang. È il primo segno concreto dell’inasprimento dell’assedio dopo le condanne verbali per il programma nucleare e missilistico del regime di Kim Jong-un (foto sotto), che il 6 gennaio ha compiuto un test di bomba all’idrogeno e il 7 febbraio ha lanciato un satellite che secondo l’Onu occulta il tentativo di sviluppare un missile intercontinentale a fini bellici. Kaesong era stato aperto nel 2004 in un segno di distensione nella penisola coreana e in questi anni ha fruttato a Pyongyang circa mezzo miliardo di dollari: «I fondi non sono stati usati per far avanzare il piano di pace, come aveva sperato la comunità internazionale, ma per finanziare armi nucleari e missilistiche», ha affermato ieri Seul. Pyongyang ha reagito definendo il blocco della cooperazione industriale «un atto di guerra», ha dichiarato Kaesong zona militare e ha minacciato di tagliare le due linee di comunicazione con il Sud e il comando Onu attive fin dal 1972 per risolvere situazioni di crisi militare lungo il 38° parallelo. Al Consiglio di sicurezza di New York si discute in questi giorni di una nuova linea di sanzioni contro la Corea del Nord, con gli americani che spingono perché anche la Cina stringa la morsa. Il 90 per cento degli scambi commerciali di Pyongyang avvengono con Pechino e l’atteggiamento cinese appare decisivo perché l’isolamento economico sia efficace. Il Senato Usa ha appena votato all’unanimità per nuove sanzioni finanziarie unilaterali che promettono di colpire anche le banche straniere che aiutano Pyongyang: sono soprattutto cinesi, quindi si potrebbe aprire una crisi con Pechino. Secondo gli americani è il momento di agire perché i progressi militari nordcoreani sono evidenti.