Piacentini e gli altri tornati in patria per dare un aiuto (gratis)
Non è tanto una questione economica. Il «servizio civile» di Diego Piacentini, il senior vicepresidente di Amazon che prende una pausa da Seattle per fare gratis il capo del «digital office» di Palazzo Chigi, sta nell’aver scelto di guidare la modernizzazione di uno dei settori più complicati del Paese. Portare l’Italia nella rivoluzione digitale — tra burocrazia, liti, analfabetismo digitale diffuso — è un’impresa che si può motivare solo con un amor patrio capace di partorire frasi così: «Dopo 16 anni ad Amazon, questo è un modo per dare indietro qualcosa al Paese in cui sono nato e in cui ho vissuto per 40 anni della mia vita».
Piacentini, 55 anni, un passato ad Apple dove è cresciuto fino a diventare general manager per l’Europa, è l’ultimo «civil servant» a cui ci affidiamo nella speranza di emergere dal secolo scorso. Se la storia recente della politica italiana è segnata da «expat» eccellenti rimpatriati per il bene del Paese, da Mario Monti a Carlo Cottarelli, quella culturale non è da meno: il maestro scomparso Claudio Abbado e l’architetto Renzo Piano, due tra i nomi più conosciuti a livello internazionale, hanno rinunciato alla pensione da parlamentare a vita per dare un futuro ai loro giovani colleghi italiani; il primo finanziando le borse di studio della Scuola di Musica di Fiesole, il secondo investendoli in progetti rivolti a futuri architetti.
Mentre fuori dai confini italiani il termine «civil servant» (con cui si identificano professionisti di riconosciuta capacità e di talento che vengono coinvolti nell’amministrazione pubblica del Paese d’origine) ha una funzione perfettamente integrata nel sistema pubblico, a Roma assume spesso il ruolo di «salvatore», guadagnandosi, comprensibilmente, il clamore riservato alle avventure eccezionali.
Non è sempre così, se si considera che anche un economista stimato come l’indiano Raghuram Rajan quando passò dal Fondo Monetario Internazionale Top manager In basso, Diego Piacentini, 55 anni, entro l’estate il vicepresidente di Amazon diventerà commissario di governo per il digitale e l’innovazione alla Banca Centrale Indiana ricevette in patria un’accoglienza calda ma anche qualche critica. Non mancarono articoli che sottolineavano come l’ex docente dell’Università di Chicago, a differenza del suo predecessore, avesse accettato il lauto stipendio legato alla carica. L’ex candidato repubblicano Mitt Romney, quando cercava in tutti i modi di accreditarsi come presidente «per tutti», provò a convincere elettori e stampa di aver prestato più volte servizio come «civil servant»: in realtà il ruolo più vicino era stato quello di stagista nella squadra del padre George (governatore del Michigan).
In passato, le cooptazioni eccellenti avvenivano in silenzio, o quasi. Uno dei più grandi autori tedeschi, Johann Wolfgang von Goethe, fu assoldato dal giovane duca Carlo Augusto per indirizzare l’educazione culturale e civile dello Stato Sassonia-Weimar-Eisenach, senza che il servigio agitasse gli animi. Il poeta nomade greco Constantinos Kavafis compose il suo poema più politico, Aspettando i barbari, mentre lavorava come «servitore pubblico» nella colonia britannica di Alexandria.
Secondo Dennise Grube autore di Prime Ministers and Rhetorical Governance (Palgrave Macmillan, 2013), il crescente ruolo spettacolare dell’illustre funzionario civile dipende dall’ambiente in cui devono lavorare oggi, monitorati dai social media e dalle testate giornalistiche «24 ore al giorno 7 giorni su 7 con appetito vorace » . Con conseguenze prevedibili sull’aspettativa dei cittadini.