Corriere della Sera

La rassegna delle esperienze raccolte da Daniel Lumera (Mondadori) Astronauti e senzatetto, uniti dal perdono

- Di Carlo Baroni

Te la trovi davanti ogni giorno. Minacciosa o rassicuran­te. Se decidi di percorrerl­a non hai idea di dove ti porterà. E non esistono vie d’uscite o soste all’autogrill che tengano. La strada del perdono è antica come l’umanità. Senza sapere che cosa siano le rughe. Fa parte di noi, persino quando decidiamo di metterla da parte. Perché c’è un’idea di perdono che va al di là delle nostre convinzion­i religiose o etiche.

È quella che Daniel Lumera ha disegnato nelle pagine del suo recente libro La cura del perdono (Mondadori), adottando una prospettiv­a diversa. Il perdono non è una virtù. Un qualcosa che ci fa sentire meglio. O, meglio, non è solo questo. E neanche al contrario un segno di debolezza. Si perdona per compiacere l’altro. Per paura che ci possa fare male. E allora diventiamo condiscend­enti. «Perdonare non presuppone l’esistenza di una colpa, non è necessaria­mente legato alla sofferenza, non equivale a dimenticar­e o a rimuovere, non è un atto di superiorit­à intellettu­ale e non può essere incluso nella lista delle buone azioni dettate dalla morale religiosa o dal senso civico», scrive Lumera.

Il perdono è un modo intelligen­te di affrontare la quotidiani­tà. Nasce da esperienze personali. Come racconta lo stesso Lumera. Diventa l’unica soluzione possibile. Il libro parla di vite vissute. Di storie che si capovolgon­o davanti a un evento inaspettat­o. E la scelta più ovvia spesso è anche quella controprod­ucente.

La cura del perdono non è un manuale per imparare a stare meglio, affrontare le proprie paure. Ma un cammino fatto di esperienze che, qualche volta, sono al limite o riservate a pochi. Ma si possono applicare a tutti.

Per esempio quella che raccontano gli astronauti della Nasa e che gli scienziati definirono overwiev effect, l’effetto panoramica. I viaggi nello spazio che davvero cambiano la percezione di quello che ti circonda una volta tornati con i piedi per terra: «Dal silenzio di quella prospettiv­a i confini nazionali svaniscono, i conflitti che dividono le persone perdono importanza, e la necessità di creare una società planetaria con l’unica volontà di proteggere questo puntino blu pallido diventa evidente e imperativa». Gli astronauti e gli homeless. Perché le vie del perdono sono infinite. Ma il cammino parte sempre da noi.

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