Corriere della Sera

«La mia Inter in Champions senza paura»

«L’Europa cambia i destini dei giocatori È solo un momento no, ce la meritiamo»

- Guido De Carolis Alessandro Pasini

Mauro Icardi, che voto dà alla stagione dell’Inter?

«Fino a dicembre eravamo da 9. Dopo l’ultimo mese il voto scende molto, purtroppo».

Come spiega questo cambiament­o?

«Tutti vivono un momento no in una stagione. A Juventus e Napoli è successo all’inizio, a noi adesso. Capita. Ma ne verremo fuori».

E lei toccherà i 22 gol dell’anno scorso?

«Io penso solo a fare bene il mio lavoro. Ora sono a 8, ma la manovra d’attacco sta migliorand­o. Prima pagavamo il fatto di essere molti nuovi e di non conoscerci. Poi a volte abbiamo incontrato portieri che hanno fatto miracoli».

Lei però si è lamentato spesso di ricevere pochi palloni giocabili.

«A voi piace fare polemica e lo capisco. Ma non l’ho detto per lamentarmi, davvero».

E con Jovetic come va?

«Rapporto ottimo. Io sono più punta, lui fa movimento e vuole la palla sul piede. Non mi pare che abbiamo fatto male. Poi la gente vorrebbe da noi 5 gol a partita: non è così facile».

È vero che Mancini le chiede sempre di modificare e modernizza­re il suo gioco?

«Prima che arrivasse lui ero un uomo d’area che pensava solo al gol. Ora provo a uscire, giocare per gli altri, partecipar­e alla manovra».

La frase di Mancini dopo Inter-Carpi — «quel gol lo facevo anch’io a 50 anni» — ha fatto discutere...

«Ma poi era riferita a Palacio, no? E sinceramen­te lo avevo pensato subito anch’io quando mia moglie Wanda me l’aveva riferita la sera. Rodrigo era solo davanti alla porta. La mia occasione non era poi così clamorosa, dai».

Dunque con Mancini è solo rose e fiori?

«Se ne parla tanto, ma tre panchine non mi sembrano un grosso problema. Ci stanno. Io non mi sono mai arrabbiato. E se lui mi chiede di più è normale: un allenatore deve farlo».

Che cosa significa essere capitano dell’Inter a 22 anni in uno spogliatoi­o pieno di grandi personalit­à?

«Sei una guida, ma non ci sono solo io: qui ci sono 7/8 capitani, con esperienza e carisma».

Javier Zanetti che cosa le ha consigliat­o quando è diventato il suo erede?

«Di sfruttare l’occasione, essere fiero e continuare a fare bene in campo come sempre. Poi ognuno ha il suo stile. Io comunque sono interista da sempre, fin da quando la sceglievo alla playstatio­n da piccolo. La mia squadra argentina è il Newell’s Old Boys, poi c’è l’Inter».

Quante volte ha rivisto il rigore sbagliato

nel derby?

«La verità? Nessuna».

Neanche nella sua testa?

«Mannò. In fondo, l’avevo calciato bene. Ho avuto la sfiga di prendere il palo».

Il prossimo lo tirerà senza paura?

«Ovviamente. Solo chi non calcia non sbaglia. Un mio punto di forza è la capacità di farmi scivolare gli errori e le facili esaltazion­i».

Merito anche dell’equilibrio raggiunto fuori dal campo?

«Sì. Io vivo di calcio, certo. Ma fuori la famiglia e gli amici mi aiutano a stare bene e mantenere serenità e concentraz­ione sul mio lavoro».

Nel dicembre scorso ha subito una rapina

Camera vista S.Siro Mauro e Wanda

a Milano. Che cosa le ha lasciato questa esperienza?

«Un orologio in meno, ma l’assicurazi­one me lo pagherà... Scherzi a parte, io sono un tipo freddo e sinceramen­te non ho avuto grossa paura. Anzi, al momento ho cercato di resistere. Ma ho desistito quando ho visto com’erano spaventati Wanda e il mio amico Artur».

Per il resto lei a Milano, nella sua casa vista San Siro che twitta così spesso, come sta?

«Mi piace stare qui: io e la mia famiglia abbiamo tutto. Vedere lo stadio tutti giorni da casa è divertente, ma mi carica molto più quello che succede quando ci sono dentro».

Certo che davanti a offerte di squadre come il Manchester United si rischia di cedere.

«Non sarebbe né la prima né l’ultima che rifiuterei. L’Inter ha un grande progetto per tornare a vincere e io voglio farne parte».

Acquistato a 13 milioni, ora ne vale 45. Che effetto le fa?

«Il mio valore dipende da ciò che faccio: se non segnassi o giocassi male sarebbe zero».

Domani c’è Higuain contro Dybala. Che cosa vorrebbe dei due che lei non ha?

«Mi va bene essere Mauro Icardi. Ma mi piacciono lo stato di grazia di Higuain che segna appena tocca palla e certe giocate di Dybala».

Perché l’Argentina crea tanti fenomeni?

«Da noi si dice che voi siete il primo mondo e noi il terzo: in Argentina non ci sono tante possibilit­à o distrazion­i, la gente gioca in strada e si nutre di calcio. Così cresce la voglia di conquistar­si il primo mondo. Io da piccolo non avevo i giocattoli a casa per giocare coi miei fratelli e passavo tutto il giorno al campetto col pallone. Qui è diverso, lo vedo con i miei figli quando si buttano sul divano a giocare con l’iPad...».

Con Mancini è tutto ok: le critiche o le panchine non mi turbano Il segreto è farmi scivolare errori e esaltazion­i Valgo 45 milioni, ma se non segnassi varrei zero Ho rifiutato e rifiuterò tante offerte perché voglio vincere qui da capitano Higuain e Dybala? Preferisco essere Icardi. Noi argentini un terzo mondo che prova a conquistar­e il primo con un pallone Un giorno il Papa ha benedetto la pancia di Wanda incinta: in suo onore abbiamo chiamato nostra figlia Francesca

Lei quale modello preferisce?

«Il mio, naturalmen­te. Ma è chiaro che se le comodità le hai è difficile rifiutarle».

Che peso ha avuto l’esperienza nel settore giovanile del Barcellona?

«Mi ha formato al grande salto di qualità. Ma solo in Italia ho capito che avrei potuto fare il calciatore profession­ista».

Quanto conta per un cattolico argentino questo Papa?

«Per me tantissimo. Quando papa Bergoglio ci ha ricevuti, Wanda era incinta e lui ha benedetto la pancia: nostra figlia si chiama Francesca proprio in suo onore».

Sciogliamo l’ultimo l’enigma: l’Inter arriverà terza o no?

«Lo scontro diretto di Firenze domenica dirà molto. La Champions è importante, cambia i destini del club e dei calciatori, giocarci vuole dire stare su un altro livello. Ma io ci credo, l’ho detto dal primo giorno di ritiro ad agosto e lo confermo ora: in fondo, se siamo stati primi così tanto tempo significa che ce la meritiamo».

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