«Via le sanzioni alla Russia se rispetta i patti sull’Ucraina»
«Quando tracci una linea rossa e dici che se la Russia rispetterà gli accordi di Minsk, le sanzioni per l’Ucraina verranno tolte, è importante farla rispettare, ne vale della credibilità futura di un Paese. Quindi, se Mosca soddisfa in pieno le richieste di Minsk, le sanzioni dovranno essere abolite immediatamente. Non tutti in America la pensano così, molti ritengono che la Russia debba essere punita e lo sentiremo spesso in campagna elettorale. Ma io penso che le sanzioni siano state varate per un obiettivo, se lo centrassimo non avrebbero più senso».
Per essere considerato un falco, Michael McFaul riesce a sorprendere. Professore a Stanford, l’ex ambasciatore americano a Mosca, architetto del «reset» con il Cremlino prima di essere additato come fomentatore delle proteste anti-Putin del 2012, con la Russia ha una lunga storia d’amore. «Ci sono stato la prima volta nel 1983 e vi ho vissuto in diverse riprese per 7 anni, alcuni dei miei migliori amici sono russi. Ho sempre creduto nella possibilità che la Russia si integrasse in Europa e nel sistema internazionale. Quando Obama andò a Mosca nel 2009 disse che «una Russia prospera e forte è nell’interesse nazionale degli Stati Uniti». Nessun presidente americano lo ha mai detto: quella frase l’ho scritta io. Questa situazione per me è una terribile tragedia. Ma nel lungo periodo rimango ottimista, forse perché vengo dal Montana. Da ambasciatore ho incontrato molti ventenni che vogliono una vita normale e non sono interessati ai giochi geopolitici».
McFaul ieri era a Roma per partecipare al Forum Transatlantico sulla Russia organizzato dal Center for American Studies.
Come siamo giunti a questo punto?
«La narrativa convenzionale è che l’attuale situazione venga da lontano e sia figlia di una serie di atti ostili compiuti dall’Occidente dopo la caduta dell’Urss: l’allargamento della Nato a Est, il bombardamento del Kosovo, l’intervento in Iraq, l’appoggio alle rivoluzioni arancione o alle primavere arabe. Non è così e lo dico sulla base della mia esperienza nell’Amministrazione Obama. Per i primi tre anni, con il «reset», ci fu un rapporto molto cooperativo con Mosca: il nuovo Start, le sanzioni all’Iran, la Russia nel Wto, il Northern Distribution Network che ci ha permesso di usare il territorio russo per rifornire le nostre truppe in Afghanistan e ha facilitato la cattura di Osama Bin Laden. Forse è stato il periodo di maggior collaborazione tra Usa e Russia in assoluto. Accadeva solo 5 anni fa».
Poi cos’è successo?
«Due fatti cruciali. Il primo fu il passaggio delle consegne da Medvedev a Putin. Medvedev credeva nell’integrazione della Russia nell’Occidente, Putin vede i nostri rapporti come un gioco a somma zero, pensa che tutto quanto sia buono per gli Usa, sia negativo per la Russia. Il secondo fatto è a mio avviso anche più importante: le manifestazioni di protesta nel dicembre 2011 e nella primavera 2012. Putin reagì nervosamente. Accusò Washington e me personalmente quando diventai ambasciatore, di istigare quella protesta. Credo sia stata la politica interna a cambiare la politica estera di Putin».
Cosa accadrà in futuro?
«Se Mosca non si comporterà diversamente, e non credo sarà a breve, non vedo cambiamenti. Ma ci possono essere aree di collaborazione, com’è già successo sull’Iran: in Ucraina vedo qualche segno di maggiore impegno a dialogare. Sono meno ottimista in Siria».
Perché?
«Putin è intervenuto per impedire il crollo del regime di Assad, che la scorsa estate era in bilico. Dal loro punto di vista è stato un successo e per questo la loro volontà di impegnarsi nel negoziato è minore di prima».
Ma i russi combattono efficacemente anche contro Isis-Daesh?
« Solo di tanto in tanto. L’80% della loro attività militare è contro obiettivi non Isis. La loro vera priorità è rafforzare Assad. Forse sono cinico, ma non vedo un impegno genuino dei russi nel negoziato. Ma nel lungo periodo non c’è soluzione militare in Siria».
I contratti energetici con la Russia dividono l’Europa. L’Italia accusa la Germania sul Nord Stream. Ma come ha detto oggi Dan Fried, fu Berlino a sabotare il South Stream. Qual è la sua valutazione?
«Non capisco i rapporti bilaterali italo-tedeschi così bene da poterli commentare. Ma mi ha colpito il fatto che il South Stream sia stato cancellato, mentre ora viene raddoppiato il Nord Stream. Lo trovo strano».
Risultato raggiunto «Putin voleva evitare il crollo di Assad. Ora la sua voglia di negoziare è minore di prima»