Le multe M5S ai dissidenti convincono il 41% degli italiani
Uno degli elementi di forza del Movimento 5 Stelle è la coerenza delle decisioni adottate dagli eletti rispetto al programma sottoscritto. È una sorta di patto che vincola i rappresentanti alle scelte definite dal Movimento che, da sempre, ha cercato di favorire, tramite la rete e con alterne fortune, la più larga partecipazione dei cittadini. Si tratta di una regola molto severa a cui non pochi eletti si sono sottratti, finendo espulsi dal Movimento. A pochi mesi dalle elezioni amministrative di Roma, il M5S ha inviato ai possibili candidati un codice di comportamento che prevede l’espulsione e il versamento di una penale di 150 mila euro per quanti non dovessero rispettare le regole e il programma elettorale sottoscritti. A questo proposito le opinioni degli italiani si dividono: il 41% si dichiara d’accordo mentre il 39% è contrario, perché ritiene che in politica singole posizioni di dissenso hanno diritto di esistere. Un elettore su cinque non ha un’idea su questa importante questione. Il consenso più elevato si registra ovviamente tra gli elettori grillini (tre su quattro a favore), ma i favorevoli prevalgono, di misura, anche tra i leghisti (36% a 31%) e tra gli elettori di Forza Italia (37% a 34%). E tra gli altri elettori si registra un favore tutt’altro che trascurabile, sia pure minoritario: dal 28% tra gli elettori delle liste di centro, al 31% tra quelli del Pd. Sembra quindi emergere un atteggiamento ambivalente. Nonostante l’articolo 67 della Costituzione stabilisca il divieto di «vincolo di mandato», sappiamo che i cambi di casacca sono tra i comportamenti dei politici più invisi ai cittadini, a livello nazionale e locale. Tuttavia l’assoluto prevalere del vincolo di mandato non convince del tutto. Con questa decisione il M5S ribadisce la centralità degli impegni assunti con la propria base, a poco più di un anno dalla scelta di Beppe Grillo di fare un passo laterale favorendo il ricambio e dando vita al direttorio di 5 giovani esponenti. È stato un anno di crescita, interrotta dalla battuta d’arresto della vicenda di Quarto. Un anno di cambiamenti, durante il quale secondo il 46% degli italiani il Movimento è rimasto uguale a prima (è l’opinione prevalente tra tutti gli elettorati), mentre il 21% ritiene sia cambiato in peggio, il 13% in meglio e il 20% non si esprime. E tra gli elettori pentastellati il 35% ravvisa miglioramenti ma la maggioranza relativa (43%) non coglie cambiamenti mentre circa uno su dieci pensa sia peggiorato (9%). Sono segnali deboli che però potrebbero rappresentare un piccolo campanello d’allarme.