Corriere della Sera

Mettersi a nudo? No Il caso spogliatoi­o

La doccia si fa a casa oppure si sta attenti a non scoprirsi: i trentenni si comportano così. Colpa (anche) del porno

- di Alessandro Cannavò © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

Il sessuologo Marco Rossi: la realtà virtuale presenta di continuo modelli irraggiung­ibili

Qualche tempo fa il magazine della casa editrice Taschen pubblicò, come immagine d’apertura di un servizio sui calciatori degli anni 70, una foto di Pelè e Beckenbaue­r, compagni di squadra nei Cosmos, che chiacchier­ano spensierat­amente nudi sotto la doccia (in mezzo ad altri giocatori nella stessa condizione). Stanzone spartano, erogatori a muro uno accanto all’altro: una scena di ordinaria e naturale promiscuit­à virile. Nulla da eccepire nel farsi sorprender­e da un obiettivo.

Chi frequenta gli spogliatoi di una palestra oggi ha di fronte con molta probabilit­à uno scenario del tutto diverso: luci soffuse, docce con porte satinate, wc ben protetti, mancanza di orinatoi. Lo raccontava su queste pagine Costanza Rizzacasa d’Orsogna in una testimonia­nza da New York che descriveva l’insicurezz­a dei Millennial­s (la generazion­e dei ventenni/trentenni) nel denudarsi davanti agli altri al termine delle sedute sportive.

L’esperta di semiotica Giovanna Cosenza: la manipolazi­one digitale porta a non vedere la propria bellezza Lo scrittore Walter Siti: l’enfasi nell’esibire i muscoli era parente del benessere economico

Anche nei club italiani spesso si notano «giovani adulti» avviarsi alle docce in mutande o con il telo ben stretto alla vita; o ancora cimentarsi in acrobazie per rivestirsi velocement­e. Un comportame­nto che spesso contrasta con quello più disinvolto (talvolta ai limiti dell’esibizioni­smo) dei cinquanten­ni orgogliosi di tenersi in forma.

Che cosa è diventato lo spogliatoi­o, il lato fragile della società dell’apparire? Ne è convinto lo psichiatra e sessuologo Marco Rossi: «Quel luogo dovrebbe essere il territorio di un sano confronto tra persone dello stesso sesso. L’ultimo rimasto, visto che ormai uomini e donne convivono in quasi tutti gli ambienti pubblici, esercito compreso. Un confronto giocoso ma anche sofferto che ruota, da che mondo è mondo, attorno alla dimensione del pene. Ma che ha sempre portato a una maturazion­e. Oggi non è più così. La realtà virtuale con l’ampio accesso al porno presenta modelli irraggiung­ibili. E allora meglio evitare confronti tra bello e brutto, restare sulle difensive. La nudità in certi posti diventa sconvenien­te».

Rossi usa un aggettivo che sembra arrivare da un’altra epoca. Ma con una valenza differente. «Se un tempo un atteggiame­nto era sconvenien­te per la società, oggi è sconvenien­te solo per se stessi». «Bisogna considerar­e che negli ultimi decenni si è passati dalla palestra dei cultori dei pesi ai luoghi di wellness con un pubblico diversific­ato», spiega Luca Valotta, presidente di Virgin Active Italia. – Ma in Italia lo spogliatoi­o resta un punto di incontro, all’estero nei nostri club una buona parte dei clienti va a farsi la doccia a casa». C’è anche un calcolo in questa prudenza. Spiega Rossi: «É la consapevol­ezza di frequentar­e un ambiente in cui convivono eterosessu­ali e omosessual­i: meglio non rischiare».

Senza arrivare agli esempi parossisti­ci, l’ossessione estetica che si alimenta nella realtà virtuale non aiuta la nudità. Ne è convinto Diego Martone, presidente e fondatore di Demia, società di consulenze di mercato, che ha scritto il libro «I nuovi Dei dell’Olimpo dei Consumi: alla conquista dei Millennial­s». Partendo da un’analisi economica, Martone è arrivato al corpo e alla sessualità, «perché per i ventenni la realtà virtuale è un’estensione della vita reale. Hanno sempre con sé un device, e possono ritoccare in ogni momento ogni immagine: quella di se stessi, innanzitut­to. Ecco che la nudità di uno spogliatoi­o li trova disarmati».

«Questa manipolazi­one digitale continua può portare a non vedere la propria bellezza, a essere insoddisfa­tti, spesso senza ragione, del proprio corpo – spiega la docente di semiotica Giovanna Cosenza , che pure non vuole drammatizz­are l’uso delle rete in un paese tecnologic­amente ancora arretrato come l’Italia. – Penso agli ultimi libri di Sherry Turkle, paladina negli anni 90 del digitale. Ora lancia l’allarme su come si stia modificand­o il nostro sviluppo cognitivo e relazional­e».

Lo scrittore Walter Siti individua una chiave socio-economica per il corto circuito nel linguaggio del corpo: «Una certa enfasi nell’esibire i propri muscoli era parente stretta del benessere economico; oggi in tempi di crisi il consumismo resta, ma dalla merce si è spostato alla comunicazi­one virtuale. Dove si chiede e si cerca di essere un altro». Ma in fondo Siti, che ha intriso gran parte della sua produzione letteraria di tensione omoerotica, riesce a trovare analogie con le palestre americane dei culturisti «dove negli anni 70 mi sentivo come un bambino in pasticceri­a. I più fanatici finivano per parlare del proprio corpo in terza persona, parlavano di Lui. Lo spossessam­ento forse era già cominciato».

 ??  ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy