«La magia dell’habitat privato? Cerchiamolo a Pompei
Le piccole Domus di Andrea Branzi, in mostra a Napoli, rievocano il mistero degli affreschi
n vasetto, una cineseria, piccoli libri che trasudano sapere, una sculturina tribale, qualche suppellettile domestica, tutte cose disposte con grazia e misura su ripiani incastonati in pareti che esalano il profumo delle decorazioni parietali della Domus Aurea, o di antiche residenze pompeiane: a esempio, la Casa del Bracciale d’Oro o della Casa del Centenario. Tutto ciò è contenuto nelle opere Domus di Andrea Branzi, che, ponendosi come tranches di spazi quotidiani e, nel contempo, come piccoli templi dell’abitare, smussano i confini tra arte e design. L’autore spiega: «A Pompei ha ceduto l’architettura, ma gli affreschi si sono salvati. Le piccole finestre, protette da lastre di alabastro, li mantenevano nell’oscurità. Questi paesaggi onirici, testimonianza del rapporto che legava l’uomo al suo habitat privato, scrutabili nel dettaglio solo grazie a torce e lanterne, emanano un significato magico, misterioso, animista».
Oggi le Domus giungono a Napoli, Al Blu di Prussia (dal 18 febbraio al 7 aprile) nella mostra «Andrea Branzi – Opere recenti». A esse si affiancano i Flat, definiti «pannelli d’uso», Suggestioni «Domus 4» (2015), in legno, poliplat, cartoncino, pvc e acrilico, è tra le opere di Andrea Branzi esposte a Napoli e qualche scultura. La casa ancora una volta per Branzi si configura come luogo di stratificazione di esperienze affettive e culturali che, partendo dall’antico, passando dall’Oriente, attraversando gli illusionismi delle grottesche rinascimentali, sfiorando la cultura Pop, come Numi Tutelari giungono al Terzo Millennio. L’architetto e designer, fondatore negli anni 60 di Archizoom Associati, fine teorizzatore, vincitore di tre Compassi d’Oro nonché di molteplici riconoscimenti internazionali, conclude: «Oggi la cultura del progetto giace nell’incertezza. Bisogna rivolgersi alle origini dell’arte e dell’architettura, e soprattutto ai loro primordi». Come nel caso della serie dei suoi Dolmen, acquisiti dal Centre Pompidou, cui sarà dedicata una mostra a Parigi insieme ad altre sue opere già di proprietà del Museo.