Bpm-Banco, l’accelerazione di Saviotti
Il banchiere: accordo possibile nel prossimo fine settimana. Castagna: diamo tempo al regolatore Sileoni (Fabi): non vogliamo che a cose fatte il piano sia smentito dalla Bce. Il nodo dell’assemblea
L’integrazione I vertici delle due banche escludono un aumento di capitale per la fusione Massiah In questo momento il mercato è tale che non permette di distrarsi e speculare su fusioni o acquisizioni
«Ci vuole ancora un po’ di tempo, ma sono fiducioso». È prudente Pier Francesco Saviotti, ma anche ottimista sul percorso che, salvo sorprese, porterà all’integrazione tra il Banco Popolare e la Bpm. «Speriamo di chiudere nel prossimo weekend, ci sono alcune cose ancora da mettere a posto» ha detto il numero uno dell’istituto veronese ieri a Milano, dove insieme al «promesso sposo» Giuseppe Castagna ha partecipato a una tavola rotonda organizzata dalla Fabi, a cui hanno preso parte anche i ceo di Ubi, Victor Massiah, di Mps, Fabrizio Viola, di Bper, Alessandro Vandelli e il coo di Intesa, Eliano Lodesani.
Giovedì Castagna e Saviotti sono stati in Bce per parlare dell’integrazione. «La Bce non ci ha dato nessuna precisa indicazione» ha spiegato il consigliere delegato della Bpm, escludendo per il momento «altri viaggi» a Francoforte. «Alla Bce — ha proseguito —
ho detto le stesse cose che ho comunicato al mercato». Massima riservatezza quindi su quello che, secondo alcune ricostruzioni, avrebbe chiesto la Bce ai due istituti per poter dare il via alle manovre per l’integrazione. «Non so da dove siano usciti fuori i paletti Bce, diamo tempo ai mercati e al regolatore» ha detto Castagna.
Saviotti ha riconosciuto che «se vogliamo sposarci dobbiamo avere l’autorizzazione della Bce, è la Bce che decide». A Francoforte i colloqui ci sono stati per «informare la vigilanza» e, ha aggiunto il banchiere, «ritorneremo quando ci saremo stretti la mano e a quel punto ci saranno discussioni più approfondite, anche sulla governance». La governance sarebbe uno dei punti su cui l’Eurotower avrebbe posto l’attenzione, visto lo schema piuttosto articolato, incentrato su una holding sotto la quale ci sarebbe una Bpm spa autonoma per tre anni.
Ma per celebrare le nozze serve soprattutto il via libera delle assemblee e, trattandosi di popolari, il peso dei sindacati sarà determinante. «Non vogliamo andare all’assemblea per il rinnovo delle cariche ad aprile o a quella per la trasformazione in spa con una promessa verbale che avremo la Bpm spa autonoma per tre anni — ha affermato il segretario generale della Fabi, Lando Maria Sileoni —, sapendo che la promessa potrebbe essere smentita dalla Bce a cose fatte». I sindacati vogliono un percorso blindato per votare la fusione. Per la quale, hanno assicurato Castagna e Saviotti, «non serve un aumento di capitale». Ieri sera intanto Bpm ha comunicato la revoca dal contratto con Standard & Poor’s per il rating.
Resta alla finestra Ubi, che puntava alla Bpm. «Abbiamo avuto colloqui — ha detto il consigliere delegato Victor Massiah —, abbiamo soppesato varie possibilità, ma ad oggi non ce ne sono, quindi resteremo così come siamo, per ora. Il mercato in questo momento è tale che non permette di distrarsi con speculazioni su fusioni e acquisizioni». Il numero uno di Bper, Alessandro Vandelli condivide: « I mercati di questi giorni non sono un buon viatico per facilitare dialoghi e confronti». L’istituto modenese sta guardando al Creval e alla Popolare di Sondrio, che non sembra però in cerca di partner. «Tutto deve ancora svilupparsi e nascere — ha chiarito Vandelli —. Fino alle assemblee non ci sarà niente di nuovo».