Clessidra, la famiglia Sposito cede la quota a Trapani
( f.d.r.) Riassetto azionario in arrivo per Clessidra. La famiglia Sposito, a cui dopo la scomparsa del fondatore Claudio è andata la quota di maggioranza, avrebbe raggiunto un accordo per cedere il pacchetto della sgr a Francesco Trapani, attuale presidente della società. Claudio Sposito aveva circa il 60% del capitale. Il passaggio delle quote, che sarà finalizzato nelle prossime settimane ed è soggetto all’approvazione della Banca d’Italia, avverrebbe dunque in sostanziale continuità con il precedente assetto. Lo stesso Sposito sembra avesse avviato questo percorso con Trapani, ponendo le basi per l’accordo raggiunto poi con la famiglia. Pur non essendo stato ancora ufficializzato, l’accordo è stato informalmente presentato ai partner e al board di Clessidra. Il riassetto proprietario non modificherà l’attuale governance della società che vede Trapani alla presidenza e Maurizio Bottinelli amministratore delegato, incarichi che prima deteneva congiuntamente Sposito. Trapani è entrato in Clessidra nel 2014 come vicepresidente esecutivo e operating partner, divenendone presidente a gennaio di quest’anno.
Un minibond per l’eolico Essepi
( fr.bas.) Sfirs, Società finanziaria delle Regione Sardegna ( nella foto il governatore Francesco Pigliaru), ha garantito un minibond da 2,8 milioni (sottoscritto da Progetto MiniBond Italia e Zenit) emesso da Essepi Ingegneria per finanziare parte dei costi per il completamento del progetto Wind Sardinia, che prevede la messa in funzione di 26 generatori eolici. Si tratta del secondo prestito obbligazionario emesso per il progetto. Il minibond ha avuto origine sulla piattaforma di «fintech» di Epic, il primo intermediario a stipulare una convenzione con Sfirs.
Snia, la sentenza e le ricadute
(r.po) Un’azienda fallita, la Snia. Un’azione di responsabilità promossa dall’amministrazione straordinaria verso una pluralità di soggetti — dai consiglieri e sindaci dal 2002 al 2010, ad azionisti come GE, Mps, Unipol, Mittel — e con un ampio ventaglio di accuse. Due su tutte. Da un lato i «danni ambientali», con i ministeri dell’Ambiente e dell’Economia scesi in campo a fianco dell’amministrazione straordinaria nella richiesta di risarcimento di quasi 4 miliardi. Dall’altro la cosiddetta «responsabilità distrattiva», con un board finito nel mirino soprattutto per la scissione che portò alla nascita di Sorin. Frutto, per i promotori della causa, di una precisa, dolosa strategia: concentrare nella società biomedicale i pezzi pregiati del gruppo, e lasciare in carico alla Snia e ai piccoli azionisti il bad business chimico. Il Tribunale Civile di Milano, ora, decreta che quelle accuse sono totalmente prive di fondamento e respinge le richieste. La sentenza concede all’attore un solo supplemento d’istruttoria, una nuova perizia limitata alla valutazione di una serie di beni. Ma liquida il resto e al board (Umberto Rosa, Carlo Callieri, Maurizio Dallocchio, Emilio Gnutti, Leonardo Bossini, Giorgio Cirla e Mauro Gambaro) dà atto di aver proceduto alla scissione rispettando tutti i dettami di legge e i canoni della corretta informativa. Il che avrà probabilmente ricadute sul parallelo processo penale.