Corriere della Sera

IRAN E ARABIA SAUDITA RISCHI DI GUERRA NEL GOLFO?

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Ormai tutto il mondo musulmano si sta sollevando. Preoccupa in particolar­e la crisi diplomatic­a fra Iran e Arabia Saudita. L’esecuzione di un leader sciita a Riad aveva fatto scattare nuove tensioni fra i due Paesi; e nello Yemen gli iraniani combattono contro i sauditi. Finite le sanzioni, ora Teheran è pure tornata a vendere il petrolio facendo concorrenz­a ai sauditi, i quali vogliono mandare delle truppe anche in Siria dove sembra ci siano anche gli iraniani. Pensa che presto scoppierà un conflitto anche fra i due Paesi?

Marco Grassi

Roma

Nel Golfo che alcuni Paesi chiamano Persico e altri Arabo, la storia ha creato una singolare mappa delle religioni. Mentre lo Stato iraniano è sciita, gli Stati arabi sono governati dalla componente sunnita della popolazion­e, ma ospitano, all’interno dei loro confini, importanti comunità sciite che rappresent­ano, nel caso dell’Iraq e del Bahrein, la maggioranz­a della popolazion­e. In almeno uno di questi Paesi (l’Arabia Saudita) il nucleo dirigente, composto dai cinquemila cugini e nipoti della famiglia Saud, deve la propria autorità a una doppia legittimaz­ione religiosa. È il custode di una rigorosa versione dell’Islam, predicata alla fine del Settecento dall’Imam Abd Al-Wahhab, ha nel suo territorio i due principali luoghi sacri legati alla vita di Maometto: la Mecca e la Medina. I rapporti ostili fra sunniti e sciiti sono sempre esistiti, ma sono diventati più frequenti da quando la rivoluzion­e iraniana del 1979 ha creato in Iran uno Stato non meno teocratico, per molti aspetti, dell’Arabia Saudita.

Da quel momento, 37 anni fa, i Saud temono che l’Iran si serva delle sue quinte colonne sciite per destabiliz­zare i regimi sunniti ed estendere la propria influenza all’intera regione; e non esitano a intervenir­e anche militarmen­te per stroncare i moti «eversivi» della popolazion­e sciita. È accaduto in Bahrein, nel 2011, quando la maggioranz­a sciita, è insorta contro il governo sunnita e, più recentemen­te, dopo l’impiccagio­ne dello sceicco sciita Nimr al-Nimr, contro le agitazioni sciite nella città saudita di Awamiya. Un altro intervento, ricordato nella sua lettera, caro Grassi, è quello dello Yemen, dove le forze saudite danno aiuto alla componente sunnita del Paese contro il gruppo sciita degli huthi, sostenuto dalle milizie iraniane.

Più generalmen­te, tuttavia, quelle dell’Arabia Saudita contro l’Iran sono guerre per procura. Nel 1980, quando il leader iracheno Saddam Hussein decise di approfitta­re della rivoluzion­e iraniana dell’anno precedente per modificare il confine fra l’Iraq e l’Iran, i sauditi si limitarono a finanziare lo sforzo bellico iracheno. Li trattiene sulla soglia della guerra, probabilme­nte, la convinzion­e che il conflitto avrebbe effetti disastrosi per l’estrazione e il commercio del petrolio, e priverebbe il Paese di una buona parte delle sue risorse finanziari­e. In questi giorni, tuttavia, il governo saudita sta esaminando la possibilit­à di inviare truppe in Siria per sostenere le forze che combattono il regime di Bashar Al Assad e corrono il rischio di essere travolte dai bombardame­nti russi. Quanto all’Iran, mi sembra consapevol­e delle ricadute che un conflitto con l’Arabia Saudita avrebbe per la sua «riabilitaz­ione» nella società internazio­nale dopo l’accordo sul programma nucleare.

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