Corriere della Sera

Sarri, rispetto e orgoglio «Loro sono i più forti Per vincere serve follia»

- Carlos Passerini Luca Valdiserri

Toscano/2 Nato a Napoli nel 1959, Maurizio Sarri è cresciuto a Figline, in provincia di Firenze Dopo 3 stagioni a Empoli, dall’estate scorsa è al Napoli (Canoniero) Pur tenendo fede all’ormai rodata strategia dialettica di base, il sistematic­o elogio a oltranza dell’avversario, qualcosa stavolta Maurizio Sarri ha voluto cambiare, e non è stato un dettaglio: rispetto, sì, e parecchio, ma anche orgoglio, soprattutt­o orgoglio. Quello che ieri gli ha fatto dire che il Napoli «dovrà avere la follia di andare a Torino a imporre il suo calcio». E che, pur facendogli comodo visti i due punti di vantaggio, non firmerebbe per un pareggio. E che, pur potendo, alla Juve non leverebbe nessuno. «Avremo uno stadio intero contro ma porteremo con noi la spinta della città — le parole del tecnico di Figline alla vigilia della partita che può decidere una stagione, anche se lui continua ad assicurare che non sarà così —. Dobbiamo giocare per l’orgoglio della nostra gente, mi spiace molto che non potrà essere allo Stadium e ritengo questa una grande ingiustizi­a. Pensavo la stessa cosa quando all’andata i tifosi della Juventus non sono potuti venire al San Paolo». Se da una parte anche ieri ha continuato a tessere le lodi del nemico, «la Juve è la padrona assoluta del calcio italiano, negli ultimi quattro anni è stato ancora più palese, per noi è già un motivo d’orgoglio essere considerat­i alla pari», dall’altra ha voluto mettere in chiaro un concetto, quello appunto della «follia» che pare la citazione di un titolo del suo adorato Bukowski: «Ci servirà. L’unica possibilit­à che abbiamo per uscire bene dallo Stadium è questa, proveremo a farlo con la convinzion­e che il risultato passa dalla prestazion­e. Anche perché altrimenti diventiamo vulnerabil­i». A guardare i numeri — 53 gol fatti, 19 presi, 8 vittorie filate — così vulnerabil­e il suo Napoli non sembrerebb­e. Ma in fondo sono solo parole. Stasera, finalmente, si fa sul serio. Sbloccato Edin Dzeko, 29 anni, ha segnato il gol del 2-1 della Roma, il suo quarto centro in campionato con la Roma (Ansa)

l’unica cosa veramente bella del primo tempo era successa prima che Tagliavent­o fischiasse l’inizio. Le squadre sono in fila a centrocamp­o e El Shaarawy si accorge che la bambina mascotte davanti a lui trema di freddo e lui le regala la sua tuta per coprirsi.

Nell’intervallo Spalletti ha l’umiltà di tornare sui suoi passi: cambia modulo e schiera finalmente un playmaker. Entra Pjanic al posto di El Shaarawy e la Roma si schiera con un 4-14-1 (Vainqueur davanti alla difesa, Dzeko unica punta davanti a Salah-Pjanic-Nainggolan­Perotti da destra a sinistra). Il gioco migliora subito e aiuta anche l’episodio che «apre» la partita. Digne tira da fuori area e Belec valuta malissimo, facendo il primo passo nella direzione opposta. Una squadra completa chiuderebb­e lì la gara, colpendo negli spazi che il Carpi è costretto a lasciare, ma Ruediger perde palla con molta presunzion­e e lancia Mbakogu verso la porta di Szczesny: il nigeriano arriva sul fondo e scarica un perfetto assist per Lasagna, che pareggia a porta spalancata. Entrando dalla panchina l’ex calciatore meno pagato della serie A ha segnato a Inter, Fiorentina e Napoli nelle ultime 5 partite.

La Roma si ributta in avanti, perché sa che a questi tre punti è legato il suo futuro. Salah manda in gol Dzeko e poi chiude con il 3-1. La qualità ha la sua importanza e, ritrovato anche il suo centravant­i, la Roma può davvero sperare nell’Europa che conta e mette a posto i bilanci.

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