Cresciamo poco investiamo meno La zavorra sui conti pubblici
Giusto il tempo di archiviare un +0,8% per il Prodotto interno lordo del 2015 ed ecco arrivare dall’Istat la prima doccia fredda per il 2016. Nel primo trimestre dell’anno appena iniziato, dicono le previsioni dell’istituto, la crescita del Pil si fermerebbe a uno striminzito +0,1%. Per chi vede il bicchiere mezzo pieno, si tratterebbe del quinto trimestre consecutivo di crescita positiva. Ma anche agli ottimisti a oltranza non sfugge che con un altro +0,1 (in linea con la crescita del deludente trimestre natalizio del 2015) la ripresa anziché mettere il turbo fino al +1,6% auspicato nelle stime ufficiali del ministero dell’Economia sta viceversa rallentando. Il che pone anche problemi di sostenibilità ai conti pubblici. Con un Pil sotto all’1% e un’inflazione vicina allo zero l’Italia rischia di mancare gli obiettivi di deficit e di non vedere l’inizio dell’attesa discesa del rapporto tra debito e Pil. Rapporto che dal 2007 è sempre aumentato e che il governo si è impegnato a far scendere proprio dal 2016.
Nel caso del rapporto tra debito e Pil senza un inizio di discesa del debito, la già difficile trattativa con Bruxelles per ottenere più flessibilità sui conti diventerebbe ancora più accidentata. Per scongiurare il pericolo non basta l’importante contributo della Bce che oggi annuncerà nuove misure di stimolo all’economia. Alla ripresa italiana serve un incisivo apporto del settore pubblico che dovrebbe arrivare in tre forme: minore spesa corrente, maggiore spesa per investimenti pubblici e minori tasse. Per la spesa corrente i dati Istat indicano un graduale contenimento decimale della spesa per il funzionamento dello Stato, forse in conseguenza di quel modicum di spending review già realizzata.
In parallelo, però, la spesa per trasferimenti sociali e per le pensioni, dominata dalla demografia e dalla legislazione vigente, sembra proseguire la sua strada verso l’aumento. Gli investimenti pubblici — in attesa dell’attuazione della nuova legislazione sugli appalti — oscillano da anni poco sopra al 2 per cento del Pil, vicini al loro minimo storico. E il mancato contenimento della spesa corrente si traduce in forti vincoli a una più decisa riduzione del carico fiscale, sbandierato dal governo nella sua comunicazione ma ancora poco percepibile nei conti familiari come pure di quelli aziendali alla fine del mese.
Se dunque il governo può poco o nulla per modificare i chiari di luna internazionali, mentre ha già fatto molto per ristabilire un clima di fiducia, una messa a punto di efficacia del contributo del settore pubblico alla ripresa secondo le linee indicate presenta margini ancora largamente da sfruttare.
È questa in definitiva l’unica vera missione per quest’anno: accelerare la crescita 2016 senza perdere il controllo dei conti pubblici .