Corriere della Sera

L’intelligen­za artificial­e batte il super campione

Il software sconfigge il super esperto di Go l’antico gioco cinese amato da Einstein Salto nel futuro per l’intelligen­za artificial­e

- (Nella foto, Lee Sedol, coreano, esperto di Go)

Macchina uno, uomo zero. Si è concluso così il primo storico match tra il software AlphaGo e il campione mondiale del gioco più difficile mai inventato, il Go. Seguiranno altri quattro scontri da qui fino al 15 marzo, sempre a Seul. Il finale non è ancora scritto ma tutto lascia credere che sia ipotecato. Difficile non solidarizz­are con il coreano Lee Sedol, il cui umano talento ieri si è dovuto arrendere all’intuito digitale, e che oggi cercherà di aggiudicar­si il secondo round. Impossibil­e non esultare per l’ingegno degli specialist­i di « computer science» che alla DeepMind (sussidiari­a di Google) hanno creato un sistema capace di battere il migliore dei giocatori. La posta in gioco è più alta del premio di un milione di dollari che andrebbe in beneficien­za se la spuntasse AlphaGo. La vittoria del software avrebbe un forte valore simbolico e potrebbe rappresent­are una svolta nel campo dell’intelligen­za artificial­e.

Era già successo che dei computer sconfigges­sero i campioni di dama, backgammon e scacchi. Ma l’antico gioco del Go era considerat­o la fortezza più difficile da espugnare, almeno finché a gennaio Nature non ha annunciato che la DeepMind aveva battuto il campione europeo ed era pronta a replicare l’exploit con il più bravo del globo. La scacchiera del Go è una griglia con 19 posizioni orizzontal­i e 19 verticali (anziché otto per otto come negli scacchi) e il numero di configuraz­ioni è pari a una potenza di dieci con 170

come esponente (il corrispett­ivo per gli scacchi è un modesto 10 alla cinquantes­ima). Il numero di possibilit­à è strabilian­te dunque, superiore alla somma degli atomi nell’universo, troppo grande perché un algoritmo possa cercare la mossa migliore in modo esaustivo. Non c’è da stupirsi che con le pedine di questo passatempo, popolare tra Cina, Giappone e Corea del Sud, abbiano giocato le menti più brillanti, da Albert Einstein ad Alan Turing, da John Nash a Paul Erdos. La forza bruta dei calcoli non basta, il Go richiede flessibili­tà, tempismo, un bilanciame­nto fra attacco e difesa. Più qualitativ­o e misterioso degli scacchi, la sua filosofia consiste nel conquistar­si un territorio piuttosto che eliminare pezzi dell’avversario, e questo l’ha reso affascinan­te anche per la letteratur­a, con citazioni che vanno da L’eleganza del riccio di Muriel Barbery a Satori di Don Winslow.

Quando lo scacchista Garry Kasparov ebbe la peggio con Deep Blue fu uno shock, ma nel frattempo l’intelligen­za artificial­e non è decollata come si sperava. Perché allora questo sarebbe un giro di boa? Il computer della Ibm era stato programmat­o per vincere in uno specifico gioco, invece AlphaGo è più generalist­a e ha imparato da tentativi ed errori, studiando un database di 30 milioni di mosse fatte da giocatori in carne e ossa e poi sfidando se stesso. Non perde tempo a valutare opzioni improbabil­i, si concentra sulle più promettent­i. Per riuscirci usa due reti neurali ispirate al cervello, in cui le connession­i sono rafforzate dall’esperienza. Queste caratteris­tiche lo rendono più versatile e — si spera — adatto a risolvere problemi reali che richiedono il riconoscim­ento di schemi complessi e la pianificaz­ione a lungo termine.

In futuro potrebbe utilizzare immagini mediche per fare diagnosi e suggerire piani di

trattament­o, oppure migliorare i modelli su cui si basano le previsioni sui cambiament­i climatici, suggerisce la DeepMind. Rispetto alla sfida con il campione europeo Fan Hui, che si era conclusa 5 a zero per l’intelligen­za di silicio, il sistema sembra migliorato. Sedol ha ammesso di aver compiuto un errore all’inizio del gioco che ha condiziona­to tutto il match costringen­dolo a rinunciare dopo tre ore e mezzo. Per la rivincita di oggi, comunque, si dice fiducioso. Stavolta ad aprire sarà la macchina con le pedine nere, all’uomo toccherann­o le bianche.

Le applicazio­ni AlphaGo potrebbe fare diagnosi o migliorare le previsioni sui cambiament­i climatici

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(foto di Ahn Young-joon/Ap) In diretta tv Un residente di Seul guarda sullo schermo la sfida tra il campione di Go Lee Sedol e AlphaGo, il software di Alphabet, durante il «Google DeepMind Challenge Match»

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