Corriere della Sera

Banche, l’era del post Btp

Nel 2012 un quarto dei ricavi dai titoli di Stato, ora quasi azzerati. La via dei tagli ai costi

- Di Federico Fubini

Nel 2012 il 25 per cento dei ricavi delle banche arrivava dai titoli di Stato. Adesso sono quasi azzerati. Per le banche si apre una nuova era. Che comprende i tagli ai costi.

Sembra probabile che stamattina la Banca centrale europea, fra le altre misure, deciderà di offrire nuovi prestiti quasi gratis e rimborsabi­li fra qualche anno. La proposta sarebbe rivolta agli istituti di credito, ed è una delle misure pensate per sostenerli in una stagione di incertezze.

Oggi però l’algebra rende sicuro almeno un punto: esiste una soglia oltre la quale la Bce non può spingersi per aiutare le banche in questo modo, ed è vicina. Qualunque passo decida il consiglio direttivo di Francofort­e, il modello grazie al quale il sistema del credito in Italia in questi anni ha costruito un ottavo dei suoi ricavi è al tramonto. La responsabi­lità non è della Bce, forse neppure completame­nte delle banche. Ma il messaggio insito in qualunque decisione arrivi stamattina è che moltissime aziende di credito in Italia devono ripensarsi. Per loro si è esaurita una fonte di guadagni che - in tempi normali - sarebbe determinan­te per profitti o perdite.

Ovviamente questi non sono tempi normali, ormai da un pezzo. Fino a prima del crash di Wall Street nel 2008, gli istituti di credito in Italia avevano mantenuto con il Tesoro un rapporto noioso e rassicuran­te. Il governo non aveva problemi nel finanziars­i, e quelli facevano in modo da conservare sempre investiti in titoli di Stato un centinaio di miliardi di euro: una piccola parte dei loro bilanci, per una piccola quota del debito pubblico.

Questo equilibrio salta nella seconda metà del 2011, quando l’Italia viene aspirata nella crisi dei debiti sovrani. Alla fine di quell’anno e all’inizio del 2012 la Bce lancia le due prime, enormi offerte di prestiti davvero a lungo termine (tre anni) e a tassi molto bassi. Con quella liquidità le banche europee comprano soprattutt­o titoli di Stato, aiutando così a stabilizza­re la crisi e guadagnand­oci molto perché in quella fase i rendimenti del debito pubblico spesso erano altissimi.

Il sistema del credito in Italia è primatista europeo di questo nuovo modello. Secondo i dati Banca d’Italia, a metà del 2012 ha già in bilancio debito del governo 316 miliardi di euro e un anno dopo è salito a 400 miliardi, per poi non scendere sostanzial­mente più. Ai nuovi dati pubblicati ieri, a gennaio di quest’anno le banche italiane detenevano titoli di Stato per 389 miliardi: circa un quarto del debito del Tesoro presente sui mercati finanziari.

È un grande aiuto allo Stato, ma anche alle banche stesse. Stime caute indicano che solo nel 2012 per loro il guadagno in cedole sui titoli pubblici è di 14 miliardi, prima delle tasse e al netto dei (piccoli) interessi pagati alla Bce. Quell’anno quasi un quarto dei ricavi delle banche italiane viene costruito così, finanziato dai contribuen­ti attraverso gli interessi versati dal Tesoro. Non che sia un meccanismo anomalo, in tempi di crisi: si prende denaro in prestito da Francofort­e a scadenza di tre anni e lo si presta allo Stato in media a scadenze simili. Nel 2013 questo ingranaggi­o prosegue ma i rendimenti da cedole scendono a poco più di 9 miliardi, perché nel frattempo la tempesta finanziari­a si placa e si restringe lo spread fra titoli tedeschi e italiani. L’effetto positivo però declinante continua nel 2014, quando le banche guadagnano poco meno di sei miliardi in cedole del Tesoro e anche l’anno scorso, quando ne guadagnano circa due e mezzo (come mostra il grafico).

Nel complesso gli istituti trovano così in quattro anni guadagni da oltre 30 miliardi, coperti dal gettito fiscale: in totale è circa un ottavo dei loro ricavi dal 2012 a oggi, una quota molto superiore a quella che sarebbe la loro redditivit­à in tempi normali. Sono in gioco somme così grandi che possono determinar­e se un’azienda, struttural­mente, è in utile o in perdita.

Soprattutt­o, sono somme che non tornano più. Visti i rendimenti ormai minimi dei titoli di Stato, la triangolaz­ione fra prestiti dalla Bce e prestiti al Tesoro quest’anno frutterà alle banche meno di mezzo miliardo. Viene meno per loro una fonte di entrate forse sussidiata, ma decisiva. Non è un caso se i ricavi delle banche ormai sono in calo rispetto a pochi anni fa, anche se i costi in sportelli e dipendenti lo sono meno. Le fusioni e le economie fra aziende diverse diventano inevitabil­i.

Qualunque annuncio esca oggi da Francofort­e, declinato in italiano si tradurrà con poche, semplici parole: voltate pagina.

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