Corriere della Sera

I tassi e la spinta di Draghi per aiutare la crescita Quella fronda tedesca

- @danilotain­o di Danilo Taino DAL NOSTRO CORRISPOND­ENTE

Essere «il solo show in città», cioè gli unici a fare politica economica nell’Eurozona, è sempre meno agevole per la Bce. Il peso dello spettacolo sta raggiungen­do livelli difficili da sostenere. Mario Draghi probabilme­nte oggi sosterrà, nella conferenza stampa che seguirà la riunione del Consiglio dei Governator­i, che i governi devono fare di più, cioè riforme a favore delle imprese e, chi può, stimoli di bilancio, in particolar­e riduzione delle tasse e investimen­ti in infrastrut­ture. Non ne farà il cuore delle sue argomentaz­ioni, per non dare l’impression­e che la Banca centrale europea si sente impotente di fronte alla crescita anemica e alla disinflazi­one. Ma è evidente che, da sola, la politica monetaria inizia a soffrire di una fatica da eccesso di responsabi­lità.

Per esempio, la Bce rischia di funzionare da parafulmin­e delle tensioni e delle divisioni che attraversa­no l’Europa: qualcosa che potrebbe rendere più difficile prendere le decisioni corrette in un momento delicato. Oggi, il consiglio deciderà con ogni probabilit­à un ulteriore rafforzame­nto dello stimolo monetario già in atto: i mercati si aspettano qualcosa di abbastanza forte perché nell’area euro l’inflazione è tornata a essere negativa, per lo 0,2%; ancora peggio, anche l’inflazione cosiddetta core, che non considera il prezzo dell’energia, è scesa allo 0,7%, possibile segnale che il barile di greggio a basso costo ha iniziato a trasmetter­si a elementi più struttural­i, ad esempio i salari o i prezzi dei beni intermedi, eventualit­à molto tenuta dalla Bce.

Di fronte a questa realtà, però, cresce, soprattutt­o in Germania, l’opposizion­e alle politiche non convenzion­ali che Draghi vuole rendere ancora più aggressive: ieri, un’analisi del gigante assicurati­vo Allianz chiedeva l’abbandono del target d’inflazione ufficiale della Bce (a quasi il 2%), in quanto costringe a imporre tassi d’interesse negativi; e un economista di Commerzban­k accusava la banca centrale di avere minato la marcia dell’euro verso lo status di moneta internazio­nale di riserva (come il dollaro) proprio a causa dei tassi negativi che disincenti­vano il possesso di euro. È evidente che, quando in città lo show è uno solo, ogni critica si scarica su quello.

Oggi, alla riunione dei governator­i, lo staff della Bce avrà consegnato le nuove previsioni su crescita e inflazione, per la prima volta anche quelle riguardant­i il 2018: se anche a quella data la tendenza dei prezzi sarà lontana dal 2% annuo, i motivi per introdurre nuovi stimoli saranno ancora più forti di quelli conosciuti oggi. Sui mercati, gli economisti si aspettano che la Bce annunci un nuovo passo nel territorio dei tassi d’interesse negativi, portando quello applicato ai depositi che le banche tengono presso la banca centrale dallo 0,30% allo 0,40 o addirittur­a allo 0,50%: forse introducen­do un tasso doppio, a seconda del volume del deposito, per non penalizzar­e eccessivam­ente

L‘ipotesi Gli economisti si aspettano un nuovo passo sui tassi di interesse negativi

gli istituti di credito. Scommetton­o poi su un incremento degli acquisti di titoli sui mercati (Quantitati­ve Easing) che la Bce già oggi conduce per 60 miliardi al mese. Anche un ampliament­o della platea di titoli acquistabi­li non è da escludere.

Nelle ultime settimane, i membri del Consiglio hanno fatto poche dichiarazi­oni, per non sollevare aspettativ­e eccessive. Le previsioni per scelte decise, però, sono quasi unanimi tra gli esperti. Il che non significa che qualcuno creda ai miracoli, cioè che l’inflazione riprenda a salire all’improvviso. I dubbi sulla possibilit­à che il target del 2% sia raggiunto in tempi medi sono consistent­i: il fatto è, però, che senza la politica monetaria non convenzion­ale in atto da metà 2014 la crescita dell’Eurozona sarebbe molto minore e il rischio di deflazione molto più concreto. Depotenzia­rla ora sarebbe un rischio.

Servirà abilità, a Draghi e ai governator­i, per transitare sullo stretto sentiero che corre tra le aspettativ­e dei mercati e le opposizion­i crescenti.

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