I tassi e la spinta di Draghi per aiutare la crescita Quella fronda tedesca
Essere «il solo show in città», cioè gli unici a fare politica economica nell’Eurozona, è sempre meno agevole per la Bce. Il peso dello spettacolo sta raggiungendo livelli difficili da sostenere. Mario Draghi probabilmente oggi sosterrà, nella conferenza stampa che seguirà la riunione del Consiglio dei Governatori, che i governi devono fare di più, cioè riforme a favore delle imprese e, chi può, stimoli di bilancio, in particolare riduzione delle tasse e investimenti in infrastrutture. Non ne farà il cuore delle sue argomentazioni, per non dare l’impressione che la Banca centrale europea si sente impotente di fronte alla crescita anemica e alla disinflazione. Ma è evidente che, da sola, la politica monetaria inizia a soffrire di una fatica da eccesso di responsabilità.
Per esempio, la Bce rischia di funzionare da parafulmine delle tensioni e delle divisioni che attraversano l’Europa: qualcosa che potrebbe rendere più difficile prendere le decisioni corrette in un momento delicato. Oggi, il consiglio deciderà con ogni probabilità un ulteriore rafforzamento dello stimolo monetario già in atto: i mercati si aspettano qualcosa di abbastanza forte perché nell’area euro l’inflazione è tornata a essere negativa, per lo 0,2%; ancora peggio, anche l’inflazione cosiddetta core, che non considera il prezzo dell’energia, è scesa allo 0,7%, possibile segnale che il barile di greggio a basso costo ha iniziato a trasmettersi a elementi più strutturali, ad esempio i salari o i prezzi dei beni intermedi, eventualità molto tenuta dalla Bce.
Di fronte a questa realtà, però, cresce, soprattutto in Germania, l’opposizione alle politiche non convenzionali che Draghi vuole rendere ancora più aggressive: ieri, un’analisi del gigante assicurativo Allianz chiedeva l’abbandono del target d’inflazione ufficiale della Bce (a quasi il 2%), in quanto costringe a imporre tassi d’interesse negativi; e un economista di Commerzbank accusava la banca centrale di avere minato la marcia dell’euro verso lo status di moneta internazionale di riserva (come il dollaro) proprio a causa dei tassi negativi che disincentivano il possesso di euro. È evidente che, quando in città lo show è uno solo, ogni critica si scarica su quello.
Oggi, alla riunione dei governatori, lo staff della Bce avrà consegnato le nuove previsioni su crescita e inflazione, per la prima volta anche quelle riguardanti il 2018: se anche a quella data la tendenza dei prezzi sarà lontana dal 2% annuo, i motivi per introdurre nuovi stimoli saranno ancora più forti di quelli conosciuti oggi. Sui mercati, gli economisti si aspettano che la Bce annunci un nuovo passo nel territorio dei tassi d’interesse negativi, portando quello applicato ai depositi che le banche tengono presso la banca centrale dallo 0,30% allo 0,40 o addirittura allo 0,50%: forse introducendo un tasso doppio, a seconda del volume del deposito, per non penalizzare eccessivamente
L‘ipotesi Gli economisti si aspettano un nuovo passo sui tassi di interesse negativi
gli istituti di credito. Scommettono poi su un incremento degli acquisti di titoli sui mercati (Quantitative Easing) che la Bce già oggi conduce per 60 miliardi al mese. Anche un ampliamento della platea di titoli acquistabili non è da escludere.
Nelle ultime settimane, i membri del Consiglio hanno fatto poche dichiarazioni, per non sollevare aspettative eccessive. Le previsioni per scelte decise, però, sono quasi unanimi tra gli esperti. Il che non significa che qualcuno creda ai miracoli, cioè che l’inflazione riprenda a salire all’improvviso. I dubbi sulla possibilità che il target del 2% sia raggiunto in tempi medi sono consistenti: il fatto è, però, che senza la politica monetaria non convenzionale in atto da metà 2014 la crescita dell’Eurozona sarebbe molto minore e il rischio di deflazione molto più concreto. Depotenziarla ora sarebbe un rischio.
Servirà abilità, a Draghi e ai governatori, per transitare sullo stretto sentiero che corre tra le aspettative dei mercati e le opposizioni crescenti.