Il tempo irripetibile dell’adolescenza Le lezioni di una prof in ospedale. Tra ragazzi malati e fantasmi del passato
«Puoi andare a letto con chi vuoi, senza preoccuparti di sapere con chi sarà la tua prima volta» esulta Elis, amica del cuore di Ida. Forse Ida, la protagonista de L’anno breve di Caterina Venturini (Rizzoli), non capisce l’immensa fortuna che le è capitata: perdere la verginità senza contributo maschile. «Può succedere ancora?» chiede. No, non può succedere più, come non può succedere più la varicella, come non può succedere più l’adolescenza.
L’anno breve dunque è prima di tutto questo: l’adolescenza, che quando ci sei dentro sembra infinita, poi ti giri, ed è già passata. L’anno breve di Caterina Venturini è un grande romanzo sull’irripetibile.
L’irripetibile che l’autrice cattura, moltiplica, congeda. Tra passato e presente, realtà e allegoria, adolescenze osservate e adolescenza vissuta.
Scandito in autunno, inverno, primavera, il racconto è in apparenza, solo in apparenza, la storia di una donna al cospetto della malattia.
Ida Ragone, quarantenne insegnante precaria d’italiano, quest’anno insegna in ospedale, ai ragazzi malati. Fascia d’età: 14-19.
Le regole: camice bianco e soprascarpe blu, obbligatori. Camice verde sopra camice bianco, consigliato. Mascherina alla bocca se si è raffreddati o se i ragazzi hanno i valori bassi. Se si ha un herpes, la lezione è annullata. E poi: mai fare commenti sul corpo dei ragazzi, professoressa, mai parlare con i ragazzi delle loro patologie. Fino al divieto di Campolongo, lo psicologo: «Voi insegnanti, che non vi venga in mente di improvvisarvi psicologi».
Ida entra in questo mondo a tratti prigione, a tratti isola felice. Il mondo di Salvatore, sedici anni, leucemia linfoblastica acuta Ph+. Giulia, quindici anni, linfoma Non-Hodgkin. Chiara, diciassette anni, schizofrenica. Leila, quindici anni, anoressica. E Mattia? «Una mattina l’hanno trovato seduto su un marciapiede vicino casa. Non poteva rialzarsi, riusciva soltanto a contare sottovoce. (...) Nessuno sa quando i rituali sono diventati cosi invadenti da non lasciargli aprire gli occhi».
Mattia, quindici anni che, anche se ci vede, tiene gli occhi chiusi. Li apre per pochissimo tempo, poi li richiude.
Non è forse questa la giovinezza? Una visione temporanea del mondo? Parziale, sbagliata, giusta, sentimentale, istintiva. Mai saggia, perché priva di esperienza. Non è la mancanza assoluta di saggezza?
Non lo è. E Ida nel viaggio a ritroso dentro se stessa, dal presente al passato, dall’apnea alla vita, lo racconta. Racconta la sua di adolescenza, vent’anni prima, una corsa, mano nella mano con Elis. Un’ascesa (o caduta) rapidissima dove l’arrivo, il patto di sangue (giurami che saremo amiche per
Misura La scrittrice controlla l’emozione anche dove sarebbe facile lasciarla andare
sempre), non è la perdita della verginità, bensì Elis che istruisce Ida: «Tieni la molletta. Dai, lega i capelli, cosi. Ora inginocchiati davanti al water e mettiti due dita in gola». Il patto di sangue è Elis che s’inginocchia accanto a Ida, le infila una mano in bocca e la fa vomitare lei l’amica, sorella, se stessa.
Intuizioni di saggezza. Perdersi, ritrovarsi, e perdersi ancora: «Alice Nina Angela Fischer, per gli amici Elis, è morta oggi 31 gennaio 1993» scrive Ida sul suo diario. In un tempo in cui ogni cosa appare definitiva, anche la fine di un’amicizia, definitiva quanto la morte.
Intuizioni di saggezza nella corsa a perdifiato che è l’adolescenza, il vero racconto de L’anno breve, non la malattia. Esattamente come ne Le Vergini suicide di Jeffrey Eugenides («... di tutte quelle ragazzine che diventavano donne insieme, chiuse in uno spazio angusto»).
Prima di tutto l’adolescenza. E dunque il tempo che l’autrice rende personaggio, ora alleato, ora antagonista, rallentando e accelerando — se la prima parte è tempo sospeso, la seconda è serrato concatenarsi di eventi, la terza è fuga — dove però il legame non si perde mai grazie al dialogo interiore che attraversa l’intera storia, e le voci che vanno e vengono da età diverse: «Campolongo, la prego: almeno dai miei ricordi si tenga alla larga: lei ancora non era entrato nella mia vita, se ne vada» dice Ida al fantasma dal futuro, a se stessa adulta.
L’anno breve è il romanzo straordinario di una grande scrittrice.
Un romanzo con una parte iniziale che un editor coscienzioso avrebbe asciugato, ma per fortuna nessun editor coscienzioso è intervenuto, e dunque ci s’imbatte in un racconto dilatato, lentissimo, come il tempo della malattia: di cose ne accadono, solo che vengono registrate con la distanza — la distanza dovuta e richiesta — della cartella clinica.
L’autrice — come la professoressa Ida Ragone — controlla l’emozione dove sarebbe facile lasciarla andare. In presenza di dolore è tutto misurato, volutamente appiattito. In presenza di dolore è l’adulto che guarda il figlio quindicenne e non si capacita di tante palpitazioni: anche noi eravamo così? Sì, eravate così, Ida. Chiuse nella stanza di Elis, eravate esattamente così, con Elis che ti prendeva la mano e se la metteva sul cuore: «Senti come batte piano».