Corriere della Sera

L’accusa del segretario: qualcuno vuole lo sfascio

Il piano delle liste arancioni da affiancare ai candidati sindaci

- di Maria Teresa Meli

Miracoli renziani: il presidente del Consiglio è riuscito a mettere insieme Walter Veltroni, Massimo D’Alema, Pier Luigi Bersani, Achille Occhetto e Antonio Bassolino. Tutta gente che si prende poco, che ha litigato e che, in alcuni casi, non si parla addirittur­a da anni.

Ma due cose accomunano queste figure: l’aver fatto parte del vecchio Pci e l’avversione maturata in questo periodo nei confronti del segretario­premier. C’è Veltroni, per esempio, che si tiene lontano dalla politica, ma se qualche vecchio amico gli chiede di Renzi, risponde così: «Non se ne può più». E c’è D’Alema, secondo il quale il leader del Partito democratic­o «è un pericolo per la democrazia».

Poi c’è Bassolino, profondame­nte «offeso» perché «Matteo non ha fatto nemmeno un gesto nei miei confronti». E c’è pure l’ottantenne Occhetto, che parla male di tutti questi esponenti del Partito democratic­o,

ma se sente nominare il presidente del Consiglio gli viene il fumo agli occhi.

Infine, c’è Bersani, che in un’intervista al Corriere della

Sera è stato gelido con il candidato ufficiale del partito a Roma, Roberto Giachetti, mentre ha mostrato una certa simpatia per l’eventuale discesa in campo dell’ex ministro ai Beni culturali, Massimo Bray. Cosa che, come era ovvio, non è piaciuta al premier. Che ha deciso di prendere le sue contromisu­re e di passare all’offensiva.

Domenica, infatti, Renzi farà un discorso alla scuola dei giovani democratic­i sulle primarie e sui rapporti interni al partito. E lì, assicurano i renziani, « interverrà pesantemen­te», perché si è stufato delle polemiche quotidiane della minoranza.

Con i collaborat­ori il presidente del Consiglio è stato esplicito: «Il Paese è altrove e i soliti si impegnano in ridicole divisioni correntizi­e. Giocano al tanto peggio, tanto meglio e

L’obiettivo Il leader dem: l’obiettivo di chi mi attacca è la sconfitta alle Amministra­tive

sanno solo parlare male di me, del partito e del governo. Non hanno un obiettivo politico, non hanno un progetto alternativ­o, non hanno il leader, non hanno i numeri. Il loro obiettivo è solo lo sfascio, la sconfitta del Partito democratic­o alle elezioni amministra­tive».

Poi, pubblicame­nte, il presidente del Consiglio si è espresso così: «La politica politicant­e, quella che è sui giornali e nei programmi televisivi, le discussion­i interne tra i partiti e tra gli addetti ai lavori, sono tutte cose che agli italiani non interessan­o. Mentre i soliti vivono di polemiche, noi ci occupiamo delle cose concrete». Ma in realtà l’attenzione di Renzi e dei suoi uomini è rivolta anche al Pd. C’è la «pratica Bassolino» da sistemare. Raccontano che il vicesegret­ario Lorenzo Guerini, che ha l’animo del mediatore, si stia dando da fare per tentare un incontro di riappacifi­cazione tra il premier e l’ex sindaco di Napoli. Ci riuscirà?

E poi ci sono le elezioni. Nel quartier generale renziano si studia come evitare che il fiorire delle candidatur­e a sinistra e la polemica continua della minoranza interna possano nuocere e influire negativame­nte sul risultato delle Amministra­tive. Perciò ci si sta muovendo anche a sinistra.

Il che significa che sia a Milano che a Roma i candidati del Partito democratic­o dovrebbero essere affiancati da liste di sinistra. Quella arancione nel capoluogo lombardo, che verrà presentata nonostante Cuperlo e Bersani Nella minoranza Cuperlo prende le distanze dai bersaniani: noi siamo leali

il forfait di Francesca Balzani e un’altra formazione simile nella Capitale, a sostegno di Roberto Giachetti. Ciò comporterà, inevitabil­mente, la spaccatura di Sel che, a Roma come a Milano, non è tutta allineata e coperta con i vertici nazionali. Una parte di quel movimento, infatti, vorrebbe allearsi con il Pd.

Ma anche nella sinistra interna del Partito democratic­o qualcosa si sta muovendo. La componente di minoranza che fa capo a Gianni Cuperlo ieri ha preso le distanze dai bersaniani, presentand­o un documento che è un appello all’unità nel tentativo di rilanciare il Pd. Su questo punto Cuperlo è stato molto chiaro: «Noi siamo leali», ha ripetuto più volte nel corso di una conferenza stampa. E poi ha precisato: «Non vogliamo lasciare nessun margine all’ambiguità». Cosa che, invece, secondo i renziani, Pier Luigi Bersani ha ampiamente fatto nell’intervista al Corriere.

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