Le raffiche, le finte telefonate, il gioco di Tripoli Così i servizi italiani hanno dovuto affrontare versioni sempre diverse. E interlocutori inaffidabili
Pollicardo e Calcagno, che hanno registrato messaggi analoghi, hanno pure negato che Failla avesse problemi di salute e necessità impellenti di cure mediche, come invece gli fu fatto dire nel messaggio registrato. Inoltre la richiesta alla famiglia di mobilitare giornali e tv, di far deflagrare il caso sui mass-media, aveva l’obiettivo di mettere pressione sulla controparte, cioè le autorità italiane. Per questo dalla Farnesina, con l’accordo dell’intelligence, ai familiari è stato suggerito di non aderire all’invito e, anzi, di non rispondere più alle telefonate dalla Libia.
L’assalto dei miliziani
Le chiamate con la voce registrata di Failla servivano ad alzare il prezzo del riscatto Non era vero che Salvatore Failla fosse stato separato dagli altri tre ostaggi raid «chirurgico» contro una base dello Stato islamico in quella zona, la preoccupazione che potessero rimanerne vittime pure gli ostaggi italiani era stemperata da quella consapevolezza. Ad attacco avvenuto funzionari italiani sono comunque andati sul luogo dei bombardamenti per verificare l’accaduto, e sono stati loro a riconoscere tra i morti i due diplomatici serbi sequestrati tre mesi prima.
La voce registrata
Nessuna separazione
La presunta esecuzione
Dopo l’agguato dei miliziani è stata diffusa la tesi del colpo alla nuca sparato contro gli ostaggi italiani. Rilanciata appena tre giorni fa dal ministro degli Esteri del «governo di Tripoli», che pur additando altri responsabili rispetto all’Isis («criminali tunisini che nulla hanno a che fare con l’Islam», è l’ultima versione) ribadiva che contro Failla e Piano c’era stata una «esecuzione a sangue freddo» da parte dei rapitori.
Gli accertamenti sui cadaveri svolti ieri hanno escluso il colpo alla nuca, e confermato le raffiche. Chissà se questo dato potrà essere comparato con le autopsie sui banditi uccisi, se mai qualcuno le farà e ne comunicherà l’esito ai magistrati italiani. I referti degli esami eseguiti in Libia sui resti di Failla e Piano sono stati promessi, e il medico italiano che ha assistito alle operazioni consegnerà una relazione. Sarà uno dei pochi punti fermi in mezzo a tante incertezze che bugie e reticenze accumulate sin qui (per esempio sulla sorte dell’autista dei tecnici, che assisté al sequestro) hanno alimentato.