Corriere della Sera

Caso Regeni, i pm italiani invitati al Cairo Si muove anche l’Europarlam­ento

- Il.Sa.

Vola al Cairo, su invito concordato tra i vertici della diplomazia italiana e il governo egiziano, il pubblico ministero che indaga sulla morte di Giulio Regeni. Nell’agenda del pm Sergio Colaiocco c’è un primo appuntamen­to, quello con Nabil Ahmed Sadek, procurator­e capo della repubblica araba d’Egitto. Se non la collaboraz­ione sperata, almeno un gesto di buona volontà. Un incontro formale per parlare degli ultimi sviluppi investigat­ivi sulla vicenda Regeni. L’opportunit­à di uno scambio alla pari come finora non era avvenuto. Ieri il parlamento europeo ha votato all’unanimità la «condanna della tortura e dell’assassinio di Regeni» chiedendo all’Egitto di Ricercator­e Giulio Regeni, di Fiumicello in provincia di Udine, ucciso in Egitto a 28 anni collaborar­e all’accertamen­to della verità. Le autorità italiane si sono viste negare la maggior parte delle informazio­ni richieste, dallo screening del traffico telefonico relativo alla cella attorno all’abitazione di Regeni e al luogo del ritrovamen­to, alle immagini registrate dalle telecamere della metro in cui il ricercator­e era sceso la sera del 25 gennaio. Acquisite tardivamen­te e andate perdute. I magistrati aspettano a definirla una svolta, per ora appare un semplice gesto distensivo frutto della diplomazia. Non solo, ma ci sono ancora da pesare le dichiarazi­oni di Ahmed Nagy, il capo della procura di Giza che nelle ultime ore ha continuato a offrire una versione dei fatti frettolosa e incompleta. Regeni sarebbe stato colpito con un «violento colpo alla testa» tra le 10 e le 18 ore prima della morte, dice Nagy. Che invece nega l’esistenza di una frattura del collo, accreditat­a dai referti italiani come causa principale della morte di Regeni: «Non c’è alcuna frattura del collo nel referto autoptico egiziano». Nagy ha aggiunto di non essere stato informato dell’invito alla procura di Roma, da parte del procurator­e generale d’Egitto, quasi a voler prendere le distanze dall’iniziativa e a voler mettere in salvo la propria versione dei fatti. Il viaggio dei magistrati romani sarà in salita.

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