Tacchi a spillo e smalto, poi il delitto «Il movente? Desiderio di malvagità»
Hanno provato a strozzare la vittima a mani nude: «Lui si batteva per rimanere in vita»
colpi, a provocarne la morte e chiedendomi ripetutamente di aiutarlo».
Nella versione di Prato il suo intervento è quasi un gesto pietoso per la vittima: «Ho iniziato a pensare che Luca era ormai in fin di vita e sarebbe stato meglio aiutare Manuel a portare a termine la sua azione omicida per evitare che soffrisse ancora». Insomma, riassume il gip, «secondo la descrizione di Prato, le plurime ferite e i colpi inferti tutti da Foffo non erano pertanto rivolti a provocare inutili sadiche sofferenze alla vittima, ma sarebbero stati tutti per uccidere e il conseguente accanimento di Foffo era dovuto soltanto all’incapacità di assestare dei colpi mortali».
Foffo, da parte sua, pur avendo «ricordi più frammentari», fornisce una «descrizione nettamente in contrasto» con quella di Prato. L’unico punto in comune è l’ammissione di aver agito assieme. «Non sono attratto dagli omosessuali e prima dell’arrivo di Luca, nei tre giorni trascorsi assieme, ho avuto con Marc solo un rapporto orale a causa dell’alcol e della droga che avevamo assunto» esordisce. Il travestimento da donna di Prato resta per Foffo «inspiegabile». Ma soprattutto è diversa, nel suo racconto, la genesi della decisione di uccidere. «Un’idea delirante — scrive il gip — maturata già il giovedì durante l’uscita in macchina in cerca di una vittima che si sarebbe poi tacitamente concretizzata quasi come un accordo tra loro alla vista di Luca nella mattina di venerdì». Una versione, questa, che poi Foffo ha parzialmente modificato nei successivi interrogatori, affiancato dall’avvocato Michele Andreano. L’ultimo ieri pomeriggio, in cui ha chiesto di poter chiarire al pm Francesco Scavo alcune dinamiche sui rapporti con il complice: «Mi sentivo minacciato da lui».
Il gip motiva la detenzione in carcere con la «gravità dei fatti emersi», «l’allarme sociale suscitato dalle loro personalità disturbate» e l’impossibilità di controllarne le reazioni. Prato «si sarebbe potuto rendere anche irreperibile, ove non avesse concretamente tentato il suicidio, tenuto conto della imprevedibilità delle reazioni emotive». Ed entrambi gli indagati «sono soggetti inaffidabili per i loro comportamenti irrazionali motivati dall’abuso di alcolici e stupefacenti».
Marc e Manuel sono due pericoli: «Le modalità raccapriccianti della loro azione omicida, l’efferatezza delle sofferenze inferte alla vittima prima di ucciderla sono indice di personalità disturbate, prive di sentimenti di pietà, e come tali pericolose, e quindi anche in grado di ripetere condotte analoghe, tenuto conto dell’inquietante individuazione della vittima in apparenza scelta a caso e selezionata non è dato ancora sapere in base a quali sue caratteristiche personali correlate all’età, sesso, orientamento sessuale, ceto sociale o altro».
Né si può «fare affidamento sui loro sensi di colpa, peraltro neppure manifestati, in nome di una presunta occasionalità di condotte violente deliranti e di una loro eccezionalità rispetto a un’apparente normalità del loro consueto stile di vita».
Gli indagati sono persone prive del senso di pietà In grado di ripetere azioni analoghe Il gip Amoroso