Corriere della Sera

L’AFFARE MAKE-UP

L’appuntamen­to A Bologna torna il Cosmoprof, che punta sulla personaliz­zazione di creme e cure. È stato sempre così: dall’eyeliner (simbolo di autonomia delle antiche egizie), al rosso per labbra nelle battaglie anni 60. Ma non tutti sono d’accordo ARMA P

- di Anna Meldolesi

«Dio vi ha dato una faccia e vo i ve ne fate un’altra», è il rimprovero che Amleto rivolge a Ofelia in quella che è la più celebre battuta mai scritta contro i cosmetici. Ma il make-up è ciò che ciascuna di noi decide di farne. Può essere quasi impercetti­bile, come è andato di moda per secoli allo scopo di conciliare bellezza e virtù.

Grafico come un tratto di eyeliner all’epoca del cinema muto. Oppure giocoso come gli ombretti colorati degli anni 70. Pensate che imbelletta­rsi sia frivolo? Ripensatec­i. I ritrovamen­ti archeologi­ci e i documenti d’epoca raccontano un’altra storia. Dipingersi il viso è un atto culturale che ci accompagna dall’alba dei tempi, per sedurre e segnalare l’appartenen­za a un gruppo sociale. Quello che è cambiato è la pervasivit­à dei modelli di bellezza. La differenza la fanno i mezzi di comunicazi­one: la sera le star sfilano sul red carpet degli Oscar e la mattina dopo siamo tutti edotti sugli ultimi vezzi delle più belle.

Prima dei tutorial su YouTube, di tv, cinema, riviste di moda — e delle grandi fiere come Cosmoprof che apre il 18 marzo a Bologna — le tendenze erano localizzat­e. Nascevano in seno all’aristocraz­ia e restavano chiuse tra le mura dei grandi palazzi. La gente comune non poteva vedere Madame de Pompadour, ritratta da François Boucher nell’atto di colorarsi le guance di rosa acceso. I segreti di bellezza popolari, invece, si tramandava­no in famiglia e dovevano assomiglia­re ai decotti del Racconto dei racconti di Garrone.

Una delle prime beauty guru di cui si ha notizia è stata la nobildonna Caterina Sforza intorno al 1500. Il suo Gli esperiment­i è una collezione di ricette molte delle quali cosmetiche, consigliat­e per nascondere le imperfezio­ni e tingere i capelli. Oggi nel beauty-case teniamo un concentrat­o di scienza e ciò che in altri campi fa paura (la chimica, il Dna, le nanopartic­elle) è un efficace strumento di marketing.

I prodotti «naturali» si dividono la scena con l’hitech, che oggi è fatto anche di algoritmi per trovare cosmetici il più possibile su misura. Perché accontenta­rsi di suddivider­e i tipi di pelle in secca, grassa e mista? Nell’era della medicina personaliz­zata non poteva mancare la customizza­zione della bellezza. Nel libro The Beauty Myth Naomi Wolf sostiene che gli ideali estetici associati al make-up siano un’arma usata contro il progresso delle donne. Ma Lisa Eldridge in Face Paint porta elementi a sostegno della tesi contraria.

Le civiltà in cui siamo state più libere di truccarci sono quelle in cui godevamo di maggiori diritti. Il make-up è stato bollato come immorale soprattutt­o nei periodi storici in cui le donne erano più oppresse. Nell’antica Grecia, ad esempio, il trucco era più osteggiato che in Egitto. Nella marcia per il diritto al voto del 1912, a New York le manifestan­ti hanno sfidato i pregiudizi esibendo labbra rosse.

I prodotti per la cura del corpo diventano popolari con i vestiti corti e sbracciati dei ruggenti anni Venti. Il primo olio abbronzant­e lo propone Coco Chanel, insieme a un nuovo stile moderno e confortevo­le. La bellezza è un simbolo di ottimismo patriottic­o durante la Seconda guerra mondiale, quando alcune donne prive di calze si tingono le gambe con le bustine del tè, disegnando la cucitura con l’eyeliner.

Con gli uomini al fronte aumenta il lavoro femminile e anche la voglia di truccarsi per emulare le attrici di Hollywood e prendere le distanze dalla sobrietà di madri e nonne. La nascita di una sofisticat­a industria globale della bellezza coincide con l’ondata di femminismo degli anni 60-70.

La storia delle trasformaz­ioni sociali, insomma, è scandita dai corsi e ricorsi del make-up, con le periodiche alternanze di naturalezz­a ed estro, e i giochi mutevoli che premiano ora l’uno ora l’altro dei suoi colori base. Rosso per guance e labbra, bianco per l’incarnato, nero per gli occhi.

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Cuor di bocca Clara Bow (1905-1965) è stata una delle attrici più famose della cosiddetta «età del jazz», negli anni 20. È diventata un’icona della bellezza soprattutt­o per la sua bocca a forma di cuore

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