Istanbul, kamikaze tra i turisti: la pista dell’Isis
Le vittime sono tre israeliani e un iraniano. L’attentatore si riuniva con altri jihadisti in una sala da tè
Prima Ankara, poi Istanbul. L’offensiva degli attacchi suicidi non si ferma in Turchia: ieri un kamikaze si è fatto esplodere nel centro della città sul Bosforo vicino alla famosa via Istiklal. Un attentato che ha provocato la morte di quattro innocenti e una trentina di feriti. Tra le vittime tre israeliani e un cittadino iraniano dilaniati dall’ordigno che l’uomo nascondeva sotto gli abiti. Quanto alla pista: sospetti vaghi sui curdi e forti indizi sull’Isis.
Come per altri attentati ci sono le immagini della nuova strage. Le telecamere di sicurezza mostrano delle persone che si salutano, poi appare un individuo vestito di scuro. Cammina. Un secondo dopo scompare, inghiottito da fumo e fiamme. A terra i corpi senza vita, sangue, resti e un passeggino vuoto. Per gli investigatori è possibile che la bomba sia esplosa prima, dunque l’obiettivo poteva essere un luogo più affollato. Oppure l’attentatore — spiegano — ha deciso di agire perché temeva di essere fermato dagli agenti che presidiano una zona sensibile. Quanto al target, il premier Bibi Netanyahu non ha escluso che fossero proprio i cittadini dello Stato ebraico: «È un aspetto che stiamo esplorando», ha affermato. C’è chi invece si è rammaricato all’opposto. Irem Akindiscriminate tas, funzionaria del partito al governo Akp, ha postato su Twitter: «Magari gli israeliani fossero morti tutti». Un messaggio poi cancellato, la donna cacciata, ma intanto il messaggio è volato sul web.
Secondo uno scenario consueto le indagini si sono dirette sui due fronti, le due minacce che insanguinano con azioni il Paese. La prima è quella dei Falchi, gli scissionisti del movimento curdo già coinvolti nella recente strage nella capitale. La seconda, invece, porta all’Isis e pare avere maggiore solidità. I giornali hanno indicato come responsabile dell’attacco Savas Yildiz, un passato nell’estrema sinistra e poi convertitosi alla jihadismo. L’estremista avrebbe fatto parte della cellula di Adiyaman, un gruppo reclutato in questa cittadina dove frequentavano una sala da tè. Sono comunque aspetti che attendono conferme. Anche perché è spuntato un secondo nome, quello di un estremista di Gaziantep.
Gli esperti sostengono che i reclutatori di Adiyaman abbiano raccolto una sessantina di giovani, mujaheddin successivamente trasferiti nella vicina Siria per seguire corsi di addestramento. Al vertice della fazione Mustafa Dokumaci (capo militare), Ahmet Korkmaz (guida spirituale), Haci Kasap, figura con incarichi operativi. I primi due sarebbero ora nella zona di Raqqa, la località siriana dove sventola la bandiera dell’Isis, il terzo è in prigione. Dietro si sono lasciati una rete estesa, con militanti capaci di seminare bombe nell’intera Turchia e di eliminare numerosi attivisti siriani.