La vicenda
I 5 Stelle hanno rinunciato a correre alle Amministrative in cinque capoluoghi: il Movimento «non si presenterà a Caserta, Latina, Ravenna, Rimini e Salerno», si legge sul blog di Grillo. Si tratta di città dove le divisioni hanno reso difficile per i 5 Stelle convergere su un candidato comune
La rinuncia alle elezioni ha scatenato polemiche interne al Movimento: c’è chi, tra parlamentari o esponenti locali, critica la scelta di Grillo e Casaleggio. Anche in Rete non mancano commenti di delusione della base
È ancora caos anche a Milano, dopo il ritiro di Patrizia Bedori (scelta con una consultazione tra gli attivisti). Il Movimento non ha ancora deciso su chi puntare. Casaleggio vorrebbe rifare le Comunarie. Ma gli attivisti spingono per Gianluca Corrado (arrivato terzo a novembre)
Cambiare criteri di selezione per i candidati o esporsi a lacerazioni profonde che, a lungo termine, potrebbero perfino condurre all’irrilevanza in determinate aree: la domanda tra i Cinque Stelle serpeggia latente. Il rischio è concreto e la base del Movimento, il giorno dopo la scelta di Beppe Grillo e Gianroberto Casaleggio di non presentarsi in cinque capoluoghi (Latina, Rimini, Ravenna, Salerno, Caserta), si interroga. «Bisogna fare una mega votazione tra tutti gli iscritti quando ci sono casi come questi», scrive Edoardo R. sul blog. «Nessuno vi impedisce di presentarvi alle elezioni con una lista civica tutta vostra che porti avanti le stesse istanze del M5S», punzecchia Giuseppe. «Così finiremo per distaccarci tutti dalla politica», conclude Andrea sui social network.
Riflessioni che in qualche modo si sposano con le analisi dei politologi. «Il Movimento è un partito che ha problemi di strutturazione, di metodo. Il loro modello è in costruzione, ha una sua fragilità, e questo li espone a critiche e spesso anche a errori», commenta Roberto D’Alimonte. E spiega: «Oltretutto la selezione è in mano a pochi militanti e quei pochi, a parte le divisioni interne, non sono in sintonia con il loro elettorato». E proprio da qui, da questo nodo irrisolto, che origina l’impasse in alcune zone, come a Milano. «Trovo che sia stato corretto il passo indietro di Patrizia Bedori — dice Gianfranco Pasquino —: se un candidato è debole è giusto cambiare. Ora che ci siano differenze d’opinione sul da farsi tra i dirigenti e la base è la dinamica anche di altri partiti». Il problema dei Cinque Stelle non è tanto nelle scelte dei garanti o nelle divisioni degli attivisti secondo il politologo: «Alcune contraddizioni sono strutturali: è auspicabile un miglioramento delle modalità di selezione con maggiori informazioni in merito ai candidati e un allargamento della base con diritto di voto, un passaggio inevitabile». Per Pasquino «il Movimento nella crescita manifesta e si pone questioni: “E se vincessimo con il candidato sbagliato?”».
Ma la mancata presentazione