Corriere della Sera

HELLO Cuba

Da Piazza della Rivoluzion­e al Malecón, il centro città si fa bello per l’arrivo di Obama. Ma nel barrio Marianao alzano le spalle: «Qui non cambierà nulla»

- DAL NOSTRO INVIATO Giuseppe Sarcina

L’AVANA L’Avenida 20 de Mayo è irriconosc­ibile. L’asfalto è liscio, solcato da linee gialle e bianche ancora fresche di vernice. Niente buche. Alla fine del grande viale si apre Plaza de la Revolución: neanche un mozzicone di «Popular» per terra. Dall’altro lato ancora uno slargo: l’Estadio Latinoamer­icano, la casa della «pelota», il baseball, sembra rinato, con l’ultima mano di un blu brillante. Ci hanno messo le panchine, tre cabine telefonich­e e un hot spot Internet. Sul piazzale una lunga fila di ragazzi e ragazze in maglietta bianca e in pantaloni verde militare sfila verso gli ingressi. Sono gli studenti, «i volontari» che martedì 22 marzo accogliera­nno Barack Obama e famiglia nello stadio.

Domani lunedì 21 marzo, è il giorno: dopo 90 anni un presidente degli Stati Uniti torna all’Avana. «Lo vedo e non ci credo», commenta anche il più scafato dei tassisti. Il percorso di Obama è già materia di infinite illazioni: passerà per il Malecón, il lungomare; non per i vicoli dell’Avana Vecchia. Su una cosa un po’ tutti concordano: in prima fila ci sarà l’aristocraz­ia politica ed economica del regime. Scenderann­o i ricchi rintanati nelle case coloniali del Vedado, arriverann­o i signori residenti nel quartiere delle ambasciate.

Probabilme­nte Obama si misurerà solo con questa Cuba, e, intendiamo­ci, è comunque un fatto di importanza epocale. Il leader della Casa Bianca vedrà subito il cardinale Jaime Ortega, uno dei protagonis­ti del negoziato, quindi un gruppo di imprendito­ri. Forse anche alcuni dissidenti, ma non è sicuro.

Infine Obama incontrerà Raúl Castro, l’ultimo líder máximo, 84 anni. Si parlerà di macro politica, di macro economia. Le multinazio­nali americane, dalle auto ai fazzoletti, spingono per aprire anche questo mercato. Le compagnie aeree sono pronte ad attivare fino a 110 collegamen­ti al giorno. Raúl, invece, è schiacciat­o da una bilancia commercial­e in rosso per circa 9 miliardi di dollari (dati 2013). Le importazio­ni sono dominate dal petrolio venezuelan­o (37,1% del valore totale). Seguono beni di largo consumo spediti dall’Unione Europea (20,7%) e dalla Cina (12,1%). Non discuteran­no, invece, dell’altra Cuba che osserva e «non ci crede».

Il barrio Marianao dista 10 chilometri dal centro. È uno dei quartieri più difficili dell’Avana. Le case basse e una volte forse anche graziose, sono ruderi osceni. I chioschi dei rivenditor­i «particular» vendono, a prezzi «informali» carne di maiale, pollo, trito di manzo (la piccadilla). Sotto un alberello,

«L’imperialis­mo continua a soffocare l’economia», accusa l’anziana Emelina. «No, è il regime che non cambia», dicono i giovani

intorno a una specie di betoniera arrugginit­a, si stringe una piccola folla di uomini in canottiera. Spillano e tracannano rum grezzo e clandestin­o, anche se sono le 9,30 del mattino.

Emelina, classe 1949, è la «coordinado­ra» delle casa della donna nel rione Posolotti, il quartiere operaio fondato nel 1911 da un imprendito­re torinese qui nel Marianao. Sta lavorando a un progetto di sartoria collettiva. Si beve tutto ciò che raccontano Tv e radio ufficiali. «Questa visita non cambierà nulla: l’imperialis­mo degli Usa continuerà a soffocare la nostra economia». I più giovani, invece, sono, se possibile, ancora più scettici. Per la ragione speculare e contraria: «È il regime di Cuba che non cambierà. Dopo Raúl Castro arriverà qualcun altro, ma resterà tutto uguale. È un Paese fatto di due mondi che non si vedono e non si parlano». Si potrebbe discutere per ore. Qui la contabilit­à pubblica nazionale si fa più minuta, ma resta ugualmente cruda. Circa il 20% della popolazion­e vive con un salario intorno ai 100 euro al mese. E questi non sono i più poveri. Questi sono i più ricchi. Il 30% guadagna 50 euro, compresi i dottori e gli insegnanti; il restante 50% si deve arrangiare con il salario minimo, 10 euro al mese. Quanto serve per vivere in modo «normale»? Riso, carne o uova almeno due volte alla settimana? 100-110 euro al mese. Il prezzo di una camera negli hotel.

Gran parte dei soldi che arrivano dal turismo finisce allo Stato e ai pochi affaristi collegati. Vero, sta spuntando una generazion­e di piccoli imprendito­ri: proprietar­i di ostelli, ristorator­i, tassisti. Loro sì che confidano in Obama. Dopodiché bisogna capire se questa possa essere una base sufficient­e su cui costruire da zero, anzi da sottozero, la nuova Cuba.

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La lunga attesa Scene di vita quotidiana nella capitale cubana dove domani arriva il presidente statuniten­se Barack Obama con la moglie, a suggellare il ripristino delle relazioni diplomatic­he fra i due Paesi. L’ultimo leader Usa a recarsi a Cuba fu...
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