Corriere della Sera

L’apertura della Chiesa ai divorziati: saranno catechisti e testimoni di nozze

Firmato il documento del Sinodo: severità sui sacramenti, ruolo più attivo in parrocchia

- Di Luigi Accattoli www.luigiaccat­toli.it

CITTÀ DEL VATICANO Ieri il Papa ha firmato il documento, ancora inedito, che tira le conclusion­i dei due Sinodi sulla famiglia: una «esortazion­e apostolica» di circa 200 pagine, che indicherà alcune «scelte coraggiose» che la comunità cattolica deve compiere per reagire alla crisi della famiglia. Sarà pubblicata a metà aprile.

Le indiscrezi­oni prevedono un testo senza affermazio­ni clamorose, dottrinali o giuridiche, ma con molte scelte pratiche innovative per quanto riguarda la preparazio­ne al matrimonio e le coppie in situazioni irregolari: non solo i divorziati risposati ma anche le coppie di fatto, quelle composte da un credente e da un non credente, quelle che sono sposate solo civilmente.

Ci saranno indicazion­i sul ruolo che queste coppie possono avere nella comunità e a quali condizioni possono essere ammesse ai sacramenti. I ruoli per chi non è in regola ma riconosce la propria irregolari­tà e desidera essere attivo — poniamo — nella vita di una parrocchia sono molti: catechisti, animatori di associazio­ni o gruppi, lettori nella liturgia, padrini ai battesimi e alle cresime, testimoni nei matrimoni. Attività che oggi sono per loro proibite o scoraggiat­e.

Quanto all’ammissione ai sacramenti si esclude che il Papa detti una regola generale di «apertura» agli irregolari, ma si prevede che dia indicazion­i su come procedere nel decidere caso per caso, secondo il cammino di «penitenza» compiuto, una volta provata l’impossibil­ità di correggere la situazione che si è venuta a creare con la nuova unione: per esempio, ci sono nuovi figli e sarebbe un dramma abbandonar­e il nuovo partner.

Si prevede che il Papa su questa frontiera delle situazioni difficili assegnerà un forte ruolo ai singoli vescovi, come del resto ha già fatto con la riforma del processo matrimonia­le, nel settembre scorso. Per i processi di riconoscim­ento della «nullità» del primo matrimonio ha stabilito che il vescovo sia «giudice unico» chiamato a decidere, sia demandando i casi a un tribunale di sua nomina, sia trattandol­i in prima persona. Ci si attende un ruolo analogo dato ai vescovi per la valutazion­e delle «irregolari­tà» matrimonia­li.

Parlando in aereo con i giornalist­i di rientro dal Messico, il 18 febbraio, Francesco ha detto: «La parola chiave che ha usato il Sinodo — e io la riprenderò — è “integrare” nella vita della Chiesa le famiglie ferite, le famiglie di risposati». E ha poi spiegato che quell’integrazio­ne può avvenire per tante vie e che la meta può anche essere la riammissio­ne ai sacramenti, ma prima c’è la necessità di integrarle nelle attività caritative e nei vari servizi che vengono svolti nella comunità.

«Integrare nella Chiesa — ha detto ancora Francesco in quell’occasione — non significa “fare la comunione”, perché io conosco cattolici risposati che vanno in chiesa una volta l’anno, due, [e dicono]: “Ma io voglio fare la comunione”, come se la comunione fosse un’onorificen­za. È un lavoro di integrazio­ne, tutte le porte sono aperte ma non si può dire: d’ora in poi possono fare la comunione». Non ci saranno sanatorie ma neanche sbarrament­i, perché il «lavoro di integrazio­ne», ha detto in aereo, può anche portare alla comunione: «Se c’è qualcosa di più, il Signore lo dirà a loro, ma è un cammino, è una strada».

La possibilit­à di una riammissio­ne decisa dal confessore in casi particolar­i e senza eco pubblica era già riconosciu­ta e il passo in avanti su questa frontiera sarà nel ruolo del vescovo: non solo il confessore — d’ora in poi — ma anche il vescovo potrà dire la sua, e potrà dirla in aiuto al confessore, se interpella­to, o di propria iniziativa.

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