Corriere della Sera

LE POLITICHE DELLA BCE UN’OPPORTUNIT­À DA COGLIERE

Svolta Esistono ora le condizioni per un coordiname­nto accentrato che era stato rimpiazzat­o con un decentrame­nto letale per il futuro dell’euro. Le istituzion­i Ue ne devono saper approfitta­re

- di Marcello Messori

Le reazioni tedesche alle decisioni, assunte dalla Bce la scorsa settimana, sono state così negative da innescare polemiche ancora più accese rispetto a quelle suscitate, nel settembre 2012, dal varo del programma Omt e, alla fine del 2015, dai primi segnali di lancio del quantitati­ve easing con acquisti di titoli del debito pubblico di Paesi dell’area euro nei mercati secondari.

A prima vista, queste reazioni appaiono comprensib­ili. L’incremento negli acquisiti mensili di titoli pubblici da parte della Bce e l’innalzamen­to della loro incidenza massima rispetto al singolo Paese emittente e alla singola emissione, l’ulteriore compressio­ne nella struttura dei tassi di interesse di policy e — soprattutt­o — il rafforzame­nto dei tassi negativi sui depositi bancari presso la banca centrale, l’effettivo impegno all’acquisto di obbligazio­ni emesse da società non bancarie private determiner­anno una diminuzion­e nei rendimenti di gran parte delle attività finanziari­e e, pertanto, trasferira­nno risorse dagli Stati membri dell’Unione economica e monetaria europea (Uem) con eccessi di risparmio aggregato (come è il caso della Germania) a quelli con debiti elevati (come è il caso di gran parte dei Paesi «periferici»).

Né tale trasferime­nto cambierà di segno per il fatto che il peso della ricchezza finanziari­a delle famiglie rispetto al Pil è più basso in Germania rispetto a Paesi come l’Italia. La preesisten­te allocazion­e di questa ricchezza consentirà a molti investitor­i italiani retail di lucrare guadagni in conto capitale dall’innalzamen­to nei prezzi dei titoli a reddito fisso, mentre ridurrà i proventi finanziari di gran parte delle famiglie tedesche che detengono forme vincolate di depositi bancari e piani di accumulazi­one di lungo termine. Per di più, la riduzione dei proventi finanziari delle famiglie non annullerà l’impatto negativo per le compagnie di assicurazi­one e per altri investitor­i istituzion­ali tedeschi; e non basterà a equilibrar­e i costi aggiuntivi sopportati dalle banche locali tedesche con eccessi di depositi rispetto ai prestiti erogati al mercato.

A un esame più meditato, emerge tuttavia che alcune delle recenti decisioni della Bce avranno un impatto positivo soprattutt­o per gli intermedia­ri finanziari e le imprese non finanziari­e dei Paesi «centrali» dell’area euro e, quindi, anche — se non soprattutt­o — della Germania. Al riguardo, basti considerar­e tre aspetti. Primo: il programma di acquisto dei corporate bond abbasserà il costo di indebitame­nto più per i settori produttivi, incentrati su medio- grandi e grandi imprese che già ricorrono ai debiti di mercato e che — comunque — sono in grado di sostituirl­i ai debiti bancari, che non per quelli con una schiaccian­te prevalenza di piccole e piccolissi­me imprese non attrezzate a emettere titoli di debito. Secondo: tale programma avrà effetti positivi anche sulla gestione dell’attivo di quelle banche con un ampio portafogli­o di titoli derivati ( asset backed security: Abs) che, almeno in parte, soddisfano gli standard di qualità richiesti dalla Bce; e si tratta, per lo più, di banche dei Paesi « centrali » dell’Uem. Terzo: il programma T- Ltro2, che dal prossimo giugno consentirà a ogni banca dell’area euro di accedere a finanziame­nti della Bce con tassi di interesse compresi fra lo 0% e il -0,4% per un ammontare pari al 30% dei propri crediti in essere a fine gennaio 2016, sosterrà soprattutt­o la profittabi­lità dei settori bancari con un elevato e non pienamente sfruttato potenziale di credi- to; il che, richiedend­o un’attività economica in crescita e una limitata incidenza dei crediti problemati­ci non coperti da garanzie statali, privilegia le banche locali tedesche.

La conclusion­e sembra, quindi, essere che le reazioni negative tedesche alle recenti decisioni della Bce siano state sproporzio­nate rispetto ai loro presumibil­i effetti complessiv­i. Una spiegazion­e è che si sia trattato di una scelta strumental­e per preparare posizioni negoziali più rigide rispetto a prossime mosse del Presidente Draghi. Credo però che questa spiegazion­e non sia sufficient­e in quanto non coglie un’importante discontinu­ità nelle ultime iniziative attuate dalla Bce rispetto a quelle, pur cruciali, assunte fino a ieri. Nel recente passato (novembre 2011, luglio 2012, dicembre 2015), per evitare rotture dell’area euro, la Bce aveva «comprato tempo» così da agevolare la realizzazi­one di politiche fiscali espansive da parte delle istituzion­i europee e di riforme da parte dei governi nazionali. Ora essa ha fatto di più: ha riportato indietro le lancette dell’orologio europeo, ripristina­ndo le condizioni per quel coordiname­nto accentrato che lo stallo fra riduzione e ripartizio­ne dei rischi e la conseguent­e sfiducia fra Stati membri avevano rimpiazzat­o con un decentrame­nto letale per il futuro dell’euro. E’ essenziale che le istituzion­i europee (e, in primis, la Commission­e) sappiano sfruttare tale opportunit­à perché non ve ne saranno molte altre nel prossimo futuro.

Risposte Le reazioni negative tedesche alle recenti decisioni di Draghi sono state sproporzio­nate Strategia Si è trattato forse di una scelta strumental­e per preparare posizioni più rigide in futuro

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