Distretti industriali da record: le esportazioni raddoppiano e superano quota 94 miliardi
Valenza e la sua oreficeria. L’occhialeria di Belluno che si giova della forza distributiva di Luxottica. Le piastrelle di Sassuolo. La metalmeccanica di Lecco. La concia di Arzignano che gode della ripresa del mercato dell’auto perché cresce la domanda di sedili in pelle. Migliore stagione di sempre per le esportazioni dei distretti: 94,6 miliardi di euro nel 2015, più del doppio dell’anno orribile 2009. La sensazione — certificata dal monitor di Intesa Sanpaolo — è che chi lamenta all’incapacità del sistema Italia di andare all’estero dovrebbe recitare il mea culpa. Dice Fabrizio Guelpa, responsabile dell’ufficio studi «Industria e banche» di Ca’ de Sass, che sono soprattutto le medie imprese ad aver trascinato il rialzo. L’autentica ossatura del made in Italy. I mercati di sbocco sono soprattutto europei. La Germania, in primis, principale destinazione delle esportazioni con una quota compresa tra il 6 e il 7%, il triplo della Cina. L’Europa allargata rappresenta oltre il 60% di questi 94,6 miliardi. A seguire gli Usa con il 10% dell’export. Il corollario di questo boom è la crescita dell’avanzo commerciale nei confronti dell’estero, salito a 62,7 miliardi di euro. Un record. «Complicato calcolare l’effetto sull’occupazione — ammette Guelpa — rileviamo tuttavia che ogni crescita di fatturato porta con sé un aumento degli addetti». Un altro dato interessante riguarda il credito. Sostiene Guelpa che i gestori di Intesa Sanpaolo sono a caccia di imprese con buone prospettive di sviluppo e buoni fondamentali. La liquidità, d’altronde, non è un problema, vista la politica della Bce. Ma manca la domanda. Le imprese chiedono poco alle banche. Ecco perché gli investimenti in macchinari sono ancora marginali, nonostante gli incentivi della nuova Sabatini e il bonus ammortamento del 140% (introdotto dalla legge di Stabilità) per chi investe in beni strumentali.