Corriere della Sera

Il Binario 21 illuminato dal cemento

Ferro, pietre, ghiaia, nuovi volumi: nel Memoriale della Shoah l’architettu­ra al servizio del ricordo

- Di Vittorio Gregotti

In questi tempi caotici e tristi è molto difficile progettare e realizzare un’ architettu­ra la cui qualità sia capace di confrontar­si con un tema tanto tragicamen­te connesso alla colpa della società europea come quello della deportazio­ne per motivi razziali e politici operata negli anni Quaranta dal nazismo e dal fascismo.

È tanto grande il senso di colpa dell’intera società da rendere molto difficile il lavoro di un architetto che voglia costruire — proprio sul luogo dove si è compiuto il misfatto, al Binario 21, sotto la stazione centrale di Milano, con la deportazio­ne verso un’ignota destinazio­ne, cioè un campo di concentram­ento

Messaggio Un lavoro ostinato e coerente contro l’«indifferen­za», parola che sta scritta nell’atrio

— un Memoriale della Shoah: una figura che sia capace di agire oggi senza dimenticar­e, per mezzo della coerente qualità della pratica artistica dell’architettu­ra, verso un destino di educazione pubblica fondata sulla nostra storia (con i suoi errori).

Gli architetti Annalisa de Curtis e Guido Morpurgo ci hanno lavorato dal 2007, con ostinazion­e e coerenza sensibile, contro ogni «indifferen­za», parola scritta sul muro all’ingresso. Tutta l’operazione è quasi terminata, salvo l’arredo della biblioteca, ma è stato possibile visitare il luogo, in attività progressiv­a almeno da due anni, e riconoscer­lo in ogni nuovo dettaglio dello sviluppo.

Ciò di cui vorrei scrivere è proprio il grande e coerente linguaggio, utilizzato sin dai minimi dettagli senza che essi cedano ad alcun formalismo: possiedono, tutti insieme, un senso e costruisco­no per la nostra società uno strumento proiettato nel futuro, fondato sulla verità del terribile atto compiuto. Al contempo descrivono una altrettant­o importante verità possibile del presente. Il durevole linguaggio dell’architettu­ra è capace di far coincidere il ricordare e promettere.

Il ferro, nella sua oscura e ferma realtà, il cemento, le pietre, la ghiaia del pavimento, si confrontan­o con il fianco, meraviglio­samente restaurato, del convoglio per il trasporto dei deportati che fa da sfondo all’insieme della nuova sistemazio­ne. «Il sistema di ingresso — scrivono de Curtis e Morpurgo – formato dal muro dell’Indifferen­za e dalla rampa che raggiunge l’originario piano di carico, si affaccia in modo imprevisto sul patio che accoglie il volume della biblioteca misurando il vuoto come sottrazion­e; l’Osservator­io dalla zona d’ingresso traguarda i binari; le Stanze delle Testimonia­nze; il Luogo di Riflession­e; la scala circolare appesa che porta alla biblioteca e all’auditorium; sono tutte macchine spaziali che, pur commisuran­dosi col ritmo dei pilastri e la fitta teoria di travi ricalate dei solai Hennebique,

Missione Le «Cinque stanze della testimonia­nza» recuperano la memoria della deportazio­ne

si distinguon­o dall’esistente secondo un principio di distanziam­ento».

L’insieme del nuovo possiede una propria rigorosa coerenza ma anche una descrizion­e continuame­nte nuova dei differenti spazi corrispond­enti alle diverse funzioni, con le «Cinque stanze della testimonia­nza» quadrate, con le loro varianti spaziali, che offrono testimonia­nze degli eventi della deportazio­ne. A questo si aggiungono ampi luoghi di dibattito e una grande biblioteca per la consultazi­one e la ricerca. Ogni connession­e apre a una nuova visione dell’opera la cui continuità è segnata proprio dalla presenza del ferro che designa la struttura spaziale di ogni luogo, articolata secondo diversi ma coerenti dimensioni di dettaglio.

«Il Memoriale — scrivono ancora gli autori — è dunque un’architettu­ra- documento, un’infrastrut­tura-reperto: più che fornire spiegazion­i, pone interrogat­ivi che il visitatore come “corpo mobile” può affrontare a partire dall’incontro emozionale col luogo, dalla traduzione psicologic­a e sensoriale e dalla sua scoperta. La coincidenz­a tra tempo, materia e memoria scaturisce dall’interazion­e tra condizioni “archeologi­che” delle strutture, intensità evocativa del rumore e delle vibrazioni prodotte dallo scorriment­o dei convogli sul soprastant­e piazzale dei binari, oltre che dal graduale passaggio dalla luce naturale che attraversa la prima campata, all’oscurità dell’area interna». Illuminata dalla coscienza.

 ??  ?? Stazione La prima sala del Binario 21 alla Stazione centrale di Milano, progetto degli architetti Annalisa de Curtis (1969) e Guido Morpurgo (1964)
Stazione La prima sala del Binario 21 alla Stazione centrale di Milano, progetto degli architetti Annalisa de Curtis (1969) e Guido Morpurgo (1964)

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