Corriere della Sera

Doppiatori sotto accusa

Ward: nessuna lobby, è il mercato che decide Izzo: i cinema con i film non tradotti chiudono

- Renato Franco

La polemica La replica delle «voci» dopo gli attacchi di Cassel alla categoria

«In Italia non si riesce a vedere un film in lingua originale, perché i doppiatori qui sono una mafia. Non capisco perché hanno tutto questo potere». Vincent Cassel non ha usato giri di parole e i supposti «mafiosi» in questione non l’hanno presa bene.

«Vincent chi? Ah, l’attore francese, l’ex marito della Bellucci», risponde ironico Luca Ward. Ma la voce è quella di Russell Crowe o se preferite di Samuel L. Jackson. Il nonno doppiava Jerry Lewis, il padre James Coburn, la sorella è Lisa Simpson. «Quelle di Cassel sono parole in libertà, è una calunnia bella e buona: la lobby dei doppiatori non esiste, è il mercato che decide. Quanto incassereb­be un film sottotitol­ato e non doppiato? Lo vediamo quando alcune sale fanno il tentativo: non c’è paragone. Tra l’altro il doppiaggio ha un costo per la grande distribuzi­one: è evidente che se lo fanno è perché così incassano di più. In Italia già leggiamo pochi libri, figurati se ci mettiamo a “leggere” un film».

Sono circa 1500 i doppiatori nel nostro Paese, il comparto doppiaggio dà lavoro a 100 mila persone, i guadagni non sono stratosfer­ici. Anzi. Un turno di doppiaggio fa guadagnare 72,71 euro lordi. A cui vanno aggiunti i 2,31 euro per riga letta (in media 100 a turno per un ruolo da protagonis­ta). Il doppiaggio — sempre per l’attore di prima fila — si risolve in 6 turni (in media, ma anche meno). In totale fanno 1800 euro lordi a film (nell’ipotesi migliore). Poi però c’è chi magari ha ruoli minori. Qui si arriva a 60 euro netti a produzione e bisogna cercare di portarne a casa il più possibile.

In Italia le dynasty del doppiaggio sono note. Oltre ai Ward, gli Izzo, gli Amendola, i Mete (Marco era Roger Rabbit). Spiega Simona Izzo: «Il nostro è un mestiere artigianal­e, non c’è niente di scandaloso che si tramandi di padre in figlio, succede anche con i notai o le farmacie. Ed è un mestiere meritocrat­ico come pochi: non conta esser bello o avere un fisico prestante. Conta solo la tua voce». Amplia il ragionamen­to: «In generale il doppiaggio è un male necessario. A Roma c’era un cinema che programmav­a film in inglese e ha chiuso. Non è solo l’Italia, è tutta l’Europa a non essere pronta ai film coi sottotitol­i: del resto o leggi o guardi». La sorella Fiamma è il direttore artistico dell’azienda di famiglia (la Pumaisdue), lavora con Spielberg, doppia la serie tv Grey’s Anatomy: «Tradurre è tradire, ma del resto chi se lo legge Thomas Mann in tedesco?». Il nodo è sempre quello: «Gli esercenti sono i primi a non volere i sottotitol­i e l’America stessa chiede le traduzioni. Il doppiaggio poi non si limita alla recitazion­e in italiano del dialogo, c’è l’adattament­o che ha un ruolo molto importante. E dall’America sono fiscali, controllan­o tutto, vogliono sapere tutto. Il nostro è un lavoro molto accurato».

Quando si lavora per grandi produzioni è più facile, qualche falla il sistema ce l’ha: «Soprattutt­o in tv — a parlare è ancora Ward — i tempi sono più stretti, anche per essere allineati con la messa in onda Usa. È il nostro destino: di doppiaggio se ne parla quando è fatto male. Tempo fa era diverso: l’adattament­o di Pulp Fiction portò via sei mesi». Tarantino è un maniaco, lo conferma

Aveva detto In Italia non si vedono lavori in lingua originale perché i doppiatori qui sono una mafia

Fiamma Izzo: « Bastardi senza gloria era complicato, c’erano quattro lingue (inglese, francese, tedesco e italiano). Lui ci portò un suo studio: disse che in Italia i sottotitol­i non funzionava­no, voleva che le lingue fossero tutte rese in italiano. Credo la sintesi giusta l’abbia fatta Gianpaolo Letta (ad di Medusa, ndr) quando dice che per i distributo­ri il doppiaggio è un costo in più, ma poi gli esercenti fanno notare che le poche sale in cui si proiettano i film in originale hanno un pubblico sparuto».

In passato Gabriele Muccino non era stato tenero: «Il doppiaggio aveva senso ai tempi delle grandi coproduzio­ni europee, oggi spesso si doppia in modo frettoloso: pensano di poter cambiare troppe cose e deturpano il bagaglio culturale che un film trasmette in originale». Peccato — fa notare Fiamma Izzo — che anche lui poi abbia acconsenti­to al doppiaggio dei suoi film. Una stoccata. Non servono i sottotitol­i per capirlo.

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Vincent chi? Ah,l’ex marito della Bellucci... La verità è che per i distributo­ri il nostro intervento ha un costo ma poi gli incassi sono maggiori
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Sono gli esercenti a non volere i sottotitol­i Anche Gabriele Muccino era contrario alle voci in italiano poi ha cambiato idea

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