Corriere della Sera

Con lui si sfoglia l’estetica del Belpaese

- Di Paolo Di Stefano

Aldo Manuzio è il «made in Italy», non per nulla la sua invenzione più geniale, il carattere corsivo, è nota al mondo da oltre cinquecent­o anni come italic. Stampò Aristotele, Teocrito, Poliziano, Santa Caterina, Virgilio, Petrarca, Ovidio… Ma quel che conta non sono soltanto i titoli e l’altissima qualità dei commenti, ma il come li stampa. Pensiero e stile. Il simbolo dell’àncora con un delfino attorcigli­ato è l’equilibrio tra solidità e velocità: «Festina lente». Giustament­e Andrea Kerbaker sostiene che si tratta del concetto di «brand» con cinque secoli di anticipo. Se Gutenberg fu il trionfo della tecnica tedesca, Manuzio è stato l’«italian style», l’eleganza, l’armonia, l’innovazion­e del gusto. Il grande storico della letteratur­a Carlo Dionisotti parlò di «un tempo in cui i piccoli maestri, confinati o vaganti in piccole sedi provincial­i, riuscivano a conquistar­e una fama che dura esile ancora oggi». Manuzio arrivò in una capitale come Venezia provenendo da un paesino della provincia laziale, Bassiano, e come tanti provincial­i di genio riuscì a imporsi al gran mondo per la sua incredibil­e forza innovativa: il suo occhio, oltre che la sua mente critica, riesce a stravolger­e la veste del libro sotto ogni aspetto. Introduce il frontespiz­io quando l’uso è quello di partire ex abrupto con il testo, inventa il colophon, cioè la formula finale con le indicazion­i tecniche, il luogo e la data della stampa. E nel 1501, in un’edizione virgiliana, utilizza il corsivo. Non solo: riduce il formato dall’ingombrant­e «in folio» alla misura cosiddetta «in ottavo» o «in dodicesimo» (parla infatti di «libri portatiles», ovvero di tascabili). Una o due piegature in più: e la magia può realizzars­i. Grazie a lui, il libro è ancora oggi un «abito essenzialm­ente italiano». E anche se un giorno dovesse imporsi l’ebook, l’impianto resterebbe comunque aldino.

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