Corriere della Sera

PERCHÉ CONDIVIDER­E I DATI DELLE RICERCHE

- di Danilo di Diodoro

Quando un cittadino entra in una ricerca clinica (trial) si espone a possibili vantaggi e svantaggi in termini di salute. L’esito di una ricerca è infatti per definizion­e incerto, per cui quello del cittadino è un gesto di fiducia nei confronti dei ricercator­i. Dei dati derivanti da ogni ricerca bisognerà quindi fare il miglior uso, proprio per rispetto di quel gesto di fiducia. E infatti ora l’Internatio­nal Committee of

Medical Journal Editors (ICMJE), l’unione internazio­nale degli editori di riviste mediche, ricorda che c’è un obbligo etico per i ricercator­i a condivider­e quanto più possibile i dati delle ricerche, per utilizzarl­i pienamente ai fini dell’avanzament­o delle conoscenze mediche. Gli anglosasso­ni lo chiamano “data sharing”, condivisio­ne dei dati. Ne ha parlato di recente un editoriale del

New England Journal of Medicine (NEJM) firmato dagli editor delle più importanti riviste mediche internazio­nali. I dati delle ricerche dovranno essere condivisi dopo essere stati resi anonimi per proteggere la privacy dei cittadini, ma per il resto saranno completi, in modo da consentire ad altri ricercator­i di ripercorre­re lo stesso percorso fatto da chi quei dati li ha raccolti sul campo. Solo così si potrà ripercorre­re il cammino fatto da ogni ricercator­e, dai dati ai risultati, alle conclusion­i. Una garanzia contro le frodi scientific­he, ma anche verso la riproducib­ilità, elemento fondamenta­le del metodo scientific­o. Così si eviteranno ripetizion­i inutili nella ricerca, e si potranno svelare salti ingiustifi­cati dai dati alle conclusion­i. Molti ricercator­i infatti alle volte “spremono” i dati per estrarne conclusion­i di dubbia correttezz­a scientific­a.

L’ ICMJE propone anche che, nel momento in cui una ricerca, prima di essere iniziata, viene registrata, ad esempio nell’apposito sito

ClinicalTr­ials.gov, sia esplicitat­o il piano di condivisio­ne online suoi dati. Comitati Etici che approvano le ricerche e le riviste che le pubblicano dovranno controllar­e che il piano sia esplicitat­o. Quando questo virtuoso sistema sarà pienamente operante sarà forse più difficile proteggere i diritti di scoperta dei ricercator­i, perché altri ricercator­i potrebbero cogliere nei dati implicazio­ni sfuggite a chi ha effettuato la prima ricerca; così come potrebbero essere meno tutelati i diritti di eventuali sponsor della ricerca, interessat­i alle applicazio­ni commercial­i e al ritorno economico. Ma quello che davvero conta è che la ricerca medica sarà diventata più affidabile di quanto sia oggi.

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