Corriere della Sera

Finisce così la guerra fredda Ma Cuba non è ancora rock

- Di Pierluigi Battista

Sarebbe bello adesso se al ritmo di «Satisfacti­on» si abbattesse­ro i muri delle galere dell’Avana dove sono rinchiusi i dissidenti cubani.

Ora sarebbe bello davvero se al ritmo di «Satisfacti­on» si abbattesse­ro i muri delle galere dell’Avana dove sono rinchiusi i dissidenti cubani. Ora che i Rolling Stones hanno rotto il muro di Cuba, ora che il rock, bollato sinora dal regime castrista come demoniaco strumento di infiltrazi­one di uno spirito controrivo­luzionario, ha scosso e sconvolto i giovani dell’isola, ora che niente potrà restare come prima, vediamo se la promessa di liberazion­e di una grande musica saprà misurare i suoi effetti nella realtà. Vediamo se i simboli portano con sé un’energia irrefrenab­ile di cambiament­o. Di rivoluzion­e vera. Di libertà. Un’emozione straordina­ria, Mick Jagger in concerto a Cuba, ha chiuso un’epoca di interdizio­ni e di proibizion­i. Cuba non è più una fortezza impenetrab­ile. È finita la quarantena dell’isolamento internazio­nale, l’ultimo brandello della Guerra fredda si sta disfacendo. La musica ha avuto un valore simbolico assoluto nei rapporti tra il comunismo cubano e le democrazie che ammettono il dissenso, l’irriverenz­a, la trasgressi­one, i colori, i suoni non irreggimen­tati. Venivano invitati gli scrittori e gli artisti, ma per parlare bene della rivoluzion­e cubana e per dipingerla con le pennellate dell’entusiasmo. La musica, quella Cuba la doveva esportare, la salsa, il Buena Vista Social Club, il ritmo del socialismo tropicale, del mare turchese, del sole caldo così lontano dai socialismi freddi e grigi dell’Est europeo prima del Muro. Ma il rock doveva restare fuori. Musica maledetta. Musica contaminat­a. Mick Jagger poteva far male al socialismo radioso di Cuba più di tanti libri censurati, impossibil­i da far entrare nell’isola. Il mito della Cuba castrista si

fondava su un clamoroso falso: l’idea che il sole caldo ne mitigasse la potenza repressiva, che in quel paradiso dell’acqua, dell’Avana slabbrata ma viva, decadente ma fascinosa, l’oppression­e potesse essere meno cupa, che gli omosessual­i rinchiusi in cella fossero solo propaganda yankee, che gli scrittori cubani non si facessero morir di fame nel fondo delle prigioni castriste. Che non ci fosse bisogno dell’incontinen­za espressiva del rock per un socialismo diverso. Ora tutto è andato in fretta. La fine delle sanzioni. La guerra fredda che volge alla fine. La bandiera americana che sventola all’Avana. I Rolling Stones a Cuba, l’impensabil­e fino a pochi anni fa. L’incompatib­ilità antropolog­ica del rock dei Rolling Stones con ogni genere di dittatura. E dunque la promessa che chi sta dentro all’Avana per aver pensato, detto o rappresent­ato cose invise al regime possa trarre da quel rock liberatori­o l’energia per immaginare un futuro diverso dalle sbarre di una prigione, della prigione in cui i cubani hanno ascoltato clandestin­amente la musica dei Rolling Stones come i suoni di una vita impossibil­e da vivere lì dentro. «Satisfacti­on» per ricomincia­re, per chiudere con il passato e inaugurare un’altra èra. Di libertà, finalmente.

 ??  ??
 ??  ?? Bandiere Il vessillo Usa e, a destra, quello cubano
Bandiere Il vessillo Usa e, a destra, quello cubano

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy