«CONFRONTO COI SINDACATI SUI COSTI ALTI»
Giovedì la scelta sul nuovo presidente di Confindustria: Vincenzo Boccia cosa porta più di Alberto Vacchi?
«La nostra è un’idea di un’associazione concentrata sullo sviluppo di fattori di competitività orizzontali: energia, riforma dello Stato, relazioni industriali, infrastrutture, credito, Sud, digitale. Una politica dei fattori e non dei settori».
Lei ha una storia in Confindustria. Alcuni la giudicano troppo integrato per riuscire a riformarla.
«Mah... Obiezioni che lasciano il tempo che trovano. Mi sono dedicato alla Piccola e al credito. Siamo entrambi uomini del “sistema Confindustria”. Da parte mia lo ritengo un valore. D’altra parte solo chi conosce gli ingranaggi può mettere mano alla macchina. In ogni caso mi sembrano argomenti che si prestano a strumentalizzazioni. Parliamo di cose concrete».
Il ritorno di Fiat in Confindustria è tra i suoi obiettivi?
«Fiat è iscritta a Confindustria Torino per la componente dei servizi. Questo “ponte” ci consente di mantenere capacità di ascolto rispetto a un grande gruppo italiano. Ma la sfida non è far rientrare Fiat è avere un numero di associati rilevante».
Mauro Moretti, a capo di Finmeccanica, ha intenzione di rinegoziare l’iscrizione all’associazione.
«Se ci sono criticità la cosa migliore è confrontarsi. Detto questo, credo che il lavoro fatto vada valutato in modo obiettivo».
Non è stato valutato in modo obiettivo finora?
«Prendiamo la moratoria sui debiti delle imprese concordata con Abi. Quel provvedimento vale 24 miliardi di euro di rate sospese per le imprese italiane. Un risultato raggiunto da Confindustria. Uno dei tanti. Ecco, forse nel nuovo mandato bisognerà valorizzare di più
all’esterno risultati come questo».
I saggi hanno evidenziato la necessità di proseguire con la spending review interna. Dove taglierebbe?
«Un’operazione efficienza va messa in conto. Tagliando dove c’è da tagliare ma anche potenziando dove c’è da potenziare. La sede di Bruxelles, per esempio».
Cgil, Cisl e Uil vi hanno invitato a un confronto sulla loro piattaforma di riforma del modello di contrattazione. Lei si siederebbe al tavolo?
«Sì. Senza preconcetti e senza pregiudizi. Partendo da un fatto: in 15 anni il costo del lavoro per unità di prodotto è aumentato del 30% rispetto alla Germania. Dobbiamo recuperare produttività. Nessuno può permettersi accordi che non siano fondati su questo presupposto. Nemmeno il sindacato».
La nostra è un’idea di un’associazione concentrata sullo sviluppo di fattori di competitività orizzontali Se ci sono criticità la cosa migliore è confrontarsi Credo che il lavoro fatto vada valutato in modo obiettivo Occorre riconoscere il ruolo dell’impresa tassello fondamentale della società, distributore di benessere e ricchezza
Negli anni della crisi gli investimenti sono calati eppure sono un fattore chiave per la produttività...
«È vero. Ha investito poco chi è orientato al mercato domestico. Ma la domanda interna si recupera con un percorso lungo. Il Paese riparte se si investe sull’offerta, creando le condizioni perché le imprese siano competitive».
L’avversario è un mercato in cui la solitudine si paga e le imprese italiane potranno vincere se aiutate a fare sistema
Il governo sta facendo abbastanza per le imprese?
«Bene le agevolazioni fiscali per la contrattazione di produttività. Andrebbero potenziate ulteriormente. Ma non penso sia il ruolo del governo intervenire sulla contrattazione».
Il percorso che regola l’elezione del nuovo presidente va migliorato? I programmi andrebbero presentati e discussi con maggiore anticipo?
«Forse in questo caso la riforma Pesenti (le ultime regole che disciplinano l’organizzazione di Confindustria, ndr) è stata applicata in modo restrittivo con la comprensibile intenzione di non trasformare le nostre procedure interne in una inutile ribalta mediatica. Basterà ripartire dalla Pesenti stessa per ricostruire una coerenza».