Mick Jagger alla folla: «I tempi cambiano Noi suoniamo per voi»
Festa rock all’Avana con i Rolling Stones «Noi qui sul palco, suoniamo per voi Segno dei tempi che stanno cambiando»
«Impossibile, era impossibile». Una signora cubana corregge Mick Jagger. Lui sta dicendo che anni fa «era difficile» poter ascoltare la musica dei Rolling Stones a Cuba. Mick non sta facendo il furbetto, quello che dice e non dice. Non sta strizzando l’occhio al pubblico senza disturbare il regime castrista che continua, oggi come allora, a condannare la musica e la cultura anglo-americane come forme di devianza ideologica. Il discorso prosegue. «Ora siamo qui a suonare per voi. I tempi stanno cambiando».
Con poche parole, misurate ma significative, pronunciate in spagnolo davanti a centinaia di migliaia di persone, la rockstar ha reso il concerto degli Stones all’Avana ancora più storico di quanto non fosse già per il solo valore musicale. E la più longeva band della storia ha fatto un passo oltre l’essere solo l’emblema di sesso, droga e rock and roll.
Cubani e turisti, giovani i primi, un po’ meno i secondi; persone qualunque sul prato e divi come Leonardo DiCaprio, Richard Gere e Naomi Campbell in area riservata; fan che sanno tutto della linguaccia più famosa del rock e gente che causa censura non conosce nemmeno una canzone ed è qui solo per fare festa: si sono presentati in 3-400mila sul grande spiazzo della Ciudad Deportiva della capitale cubana.
Controlli rilassati e misure di sicurezza approssimative ma tutto fila liscio; attorno agli ingressi i baracchini con il cibo come da noi ma al posto del panino con la salamella qui va la granita; come da noi anche i venditori di magliette taroccate ma non i bagarini perché lo show è gratis (le spese per 7 milioni di dollari sono state coperte dagli sponsor). Gli Stones non sono la prima band a suonare a Cuba, in passato ci sono stati Audioslave, Manic Street Preachers, Diplo, Juanes, Jovanotti, Zucchero e altri, ma sono i primi a portare un vero spettacolo con materiale da riempire quei 61 container che si sono scarrozzati in giro per America latina nel tour «Olè», cominciato il 3 febbraio a Santiago, in Cile, e che si è chiuso proprio su questo enorme prato. Il rock e la revolución, quasi coetanei, si sono dati per la prima volta la mano. Nel confronto con la visita di Obama dei giorni scorsi la musica — non è la prima volta nella storia — si è mostrata più avanti della politica nel saper interpretare lo spirito del tempo.
L’orario di inizio di questo nuovo capitolo della storia cubana: le 20.30. La colonna sonora che lo accompagna: «Jumpin’ Jack Flash». Jagger è in giacca di paillettes, camicia porpora e pantaloni skinny, Keith Richards ha una fascia fra i capelli e un giubbino da college a stampa fantasia, Ron Wood è in blu elettrico e Charlie Watts compensa con una minimalissima t-shirt bianca.
Una carrellata di successi che dura ore e un quarto. «It’s Only Rock’n’Roll (But I Like It)» si porta dietro il saluto all’Avana di Mick che per tutta la sera si rivolge in spagnolo alla platea. «Angie», uno dei pochi momenti intimi, è dedicata «a tutti i cubani romantici». «Midnight Rambler» e «Miss You» in fila durano venti minuti e a dilatarne la durata sono passaggi strumentali e assoli. C’è
un assolo anche per Jagger. Non tanto quello con l’armonica ma quello in cui il cantante riassume tutte le sue mossette e le sue pose iconiche. Keith, Ron e Charlie mostrano tutti gli anni (e gli stravizi) e anche qualcuno in più, lui che va verso i 73 ha solo le rughe e una preparazione fisica invidiabile. Il finale infila « Gimme Shelter » , « Start Me Up » , « Sympathy for the Devil » , «Brown Sugar» e nei bis «You Can’t Always Get What You Want» con un coro cubano e «Satisfaction», che scatena i cubani in un festoso ballo collettivo.
Per chi si è perso il concerto è in arrivo un docu-film che sarà distribuito nelle sale cinematografiche e poi in dvd. L’anteprima è per il pubblico cubano che la prossima settimana lo vedrà in tv. Se i tempi sono veramente cambiati lo dimostrerà anche lo zelo delle forbici della censura castrista sulle parole di Mick.
In spagnolo Due ore e un quarto di successi, Mick per tutta la serata si rivolge al pubblico in spagnolo