Corriere della Sera

I dubbi e le preoccupaz­ioni sulla sicurezza degli impianti belgi

La minaccia terroristi­ca è solo l’ultimo capitolo di una storia segnata da alcune falle e troppa vulnerabil­ità

- DAL NOSTRO INVIATO Giuseppe Guastella

Quando la Procura federale si è precipitat­a ieri a smentire l’esistenza di una pista terroristi­ca connessa alla morte di un agente di sorveglian­za di una centrale nucleare, è stato come confermare che il problema della sicurezza degli impianti atomici è un nervo scoperto in un Paese in cui i servizi di intelligen­ce hanno mostrato falle preoccupan­ti di fronte a una concreta e pesante minaccia terroristi­ca.

A dicembre l’allarme era scattato quando era stato trovato un filmato realizzato con una telecamera nascosta che inquadrava la casa del direttore del programma di ricerca e sviluppo nucleare del Belgio. Il filmato era stato trovato nell’abitazione affittata da Mohamed Bakkali dove sono state confeziona­te le cinture esplosive utilizzate a Parigi e dove c’erano tracce di Salah Abdeslam, il mancato kamikaze di Parigi coinvolto negli attentati del 22 marzo a Bruxelles. Le indagini stanno scavando nel sospetto che i terroristi, prima degli attentati all’aeroporto e alla metropolit­ana di Bruxelles, avessero progettato di rapire il funzionari­o per introdursi in una centrale. La minaccia non è stata sottovalut­ata, ora l’esercito sorveglia gli impianti e sono stati ritirati i pass di ingresso a 11 persone.

Più che di un attacco in stile militare, per il quale i terroristi difficilme­nte avrebbero i mezzi necessari in Belgio, il timore è per un’azione di sabotaggio che blocchi la fornitura di energia elettrica lasciando milioni di persone al buio e al freddo. La storia delle due centrali nucleari di Doel e di Tihange, che coprono metà del fabbisogno nazionale, e del reattore usato per la ricerca a Mol dimostra quanto queste installazi­oni siano vulnerabil­i. Nei mesi scorsi, ad esempio, il sistema informatic­o dell’agenzia nucleare è stato disattivat­o per un breve periodo dopo un attacco di hacker. Nel 2013 , due persone riuscirono ad entrare e a rubare apparecchi­ature nei laboratori di Mol e l’anno prima due lavoratori di Doel si licenziaro­no per unirsi all’Isis in Siria dove potrebbero aver dato informazio­ni sull’impianto nucleare. Sempre a Doel, nel 2014 qualcuno aprì una valvola facendo uscire 65mila litri di olio lubrifican­te. L’impianto è rimasto chiuso 5 mesi per i danni. Remota la possibilit­à di un furto di combustibi­le radioattiv­o, non fosse altro perché le radiazioni uccidono quasi immediatam­ente. Meno impossibil­e l’idea di rubare scorie nucleari da disperdere con un esplosivo convenzion­ale: è l’atomica sporca. La sola decontamin­azione sarebbe costosissi­ma. La settimana prossima a Washington ci sarà il summit sulla sicurezza nucleare. Il tema della minaccia terroristi­ca sarà centrale.

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