I dubbi e le preoccupazioni sulla sicurezza degli impianti belgi
La minaccia terroristica è solo l’ultimo capitolo di una storia segnata da alcune falle e troppa vulnerabilità
Quando la Procura federale si è precipitata ieri a smentire l’esistenza di una pista terroristica connessa alla morte di un agente di sorveglianza di una centrale nucleare, è stato come confermare che il problema della sicurezza degli impianti atomici è un nervo scoperto in un Paese in cui i servizi di intelligence hanno mostrato falle preoccupanti di fronte a una concreta e pesante minaccia terroristica.
A dicembre l’allarme era scattato quando era stato trovato un filmato realizzato con una telecamera nascosta che inquadrava la casa del direttore del programma di ricerca e sviluppo nucleare del Belgio. Il filmato era stato trovato nell’abitazione affittata da Mohamed Bakkali dove sono state confezionate le cinture esplosive utilizzate a Parigi e dove c’erano tracce di Salah Abdeslam, il mancato kamikaze di Parigi coinvolto negli attentati del 22 marzo a Bruxelles. Le indagini stanno scavando nel sospetto che i terroristi, prima degli attentati all’aeroporto e alla metropolitana di Bruxelles, avessero progettato di rapire il funzionario per introdursi in una centrale. La minaccia non è stata sottovalutata, ora l’esercito sorveglia gli impianti e sono stati ritirati i pass di ingresso a 11 persone.
Più che di un attacco in stile militare, per il quale i terroristi difficilmente avrebbero i mezzi necessari in Belgio, il timore è per un’azione di sabotaggio che blocchi la fornitura di energia elettrica lasciando milioni di persone al buio e al freddo. La storia delle due centrali nucleari di Doel e di Tihange, che coprono metà del fabbisogno nazionale, e del reattore usato per la ricerca a Mol dimostra quanto queste installazioni siano vulnerabili. Nei mesi scorsi, ad esempio, il sistema informatico dell’agenzia nucleare è stato disattivato per un breve periodo dopo un attacco di hacker. Nel 2013 , due persone riuscirono ad entrare e a rubare apparecchiature nei laboratori di Mol e l’anno prima due lavoratori di Doel si licenziarono per unirsi all’Isis in Siria dove potrebbero aver dato informazioni sull’impianto nucleare. Sempre a Doel, nel 2014 qualcuno aprì una valvola facendo uscire 65mila litri di olio lubrificante. L’impianto è rimasto chiuso 5 mesi per i danni. Remota la possibilità di un furto di combustibile radioattivo, non fosse altro perché le radiazioni uccidono quasi immediatamente. Meno impossibile l’idea di rubare scorie nucleari da disperdere con un esplosivo convenzionale: è l’atomica sporca. La sola decontaminazione sarebbe costosissima. La settimana prossima a Washington ci sarà il summit sulla sicurezza nucleare. Il tema della minaccia terroristica sarà centrale.