I pm di Roma: quello zainetto non è di Regeni
I dubbi degli inquirenti. Il presidente del Consiglio: «Non ci fermeremo davanti a una verità di comodo» La Procura del Cairo ordina l’arresto di due donne, moglie e sorella del presunto rapinatore di Giulio
I documenti «ritrovati» di Giulio Regeni sono una traccia. Importante. Ma non nel senso preteso dalla polizia egiziana, che li ha spacciati come prova madre per accusare cinque rapinatori locali anche del rapimento e dell’uccisione del ricercatore italiano. Bensì, con il ragionamento della Procura di Roma, per risalire a come quei documenti, spariti il 25 gennaio, siano poi arrivati alla banda.
La differenza di metodo nelle indagini è anche sostanziale. Da una parte la chiara impressione degli inquirenti italiani che la polizia egiziana abbia costruito ad arte uno scenario dopo aver individuato e ucciso quelli che riteneva profili di colpevoli spendibili Il 5 aprile nuovo incontro, a Roma, tra inquirenti: si spera così di risolvere i contrasti sono stati spinti?
I contrasti interni agli egiziani (la Procura non ha mai accreditato la tesi della polizia) e la marcia indietro del ministero degli Interni, costretto anche dalla ferma opposizione italiana a ribadire che «le indagini sono ancora aperte», sono un altro rebus per gli inquirenti italiani. Che per risolvere il delitto devono anche decifrare quali giochi di potere si muovano attorno.
Ieri mattina, a quasi 48 ore dal presunto scontro a fuoco con i rapinatori, sono stati sottoposti al fermo di quattro giorni la moglie, la sorella e il cognato del capobanda. Secondo l’agenzia Mena, i tre sono accusati di favoreggiamento ma hanno negato, nel corso dell’interrogatorio, che la gang abbia ucciso Regeni. Per il quotidiano Al Masry Al Youm la moglie di Tarek avrebbe anche detto che il borsone rosso con i documenti e gli altri oggetti «era arrivato» in possesso del marito solo «da cinque giorni» e che lui le aveva detto che apparteneva a un suo amico. La sorella dell’uomo, inoltre, avrebbe riferito che la borsa era stata portata a casa dal fratello «un giorno prima della sua morte», avvenuta giovedì scorso. Il sospetto è che il fermo dei familiari del capobanda sia un modo per evitare che raccontino una verità scomoda.
Tutto da chiarire anche il caso di David K., l’italiano rapinato dalla banda con modalità La famiglia I genitori Claudio e Paola e la sorella Irene chiedono giustizia per Giulio Regeni (Facebook) analoghe (omicidio escluso) a quelle che avrebbe subito Giulio. Secondo il ministero degli Interni egiziano, l’uomo sarebbe stato costretto a ritirare da una banca 10 mila dollari. Ma, come per Regeni, dal bancomat non risultano prelievi. Incurante delle smentite, la Procura di Shubra El-Khema, competente per territorio sulla banda, ha chiesto di unire l’inchiesta con quella sul delitto del 28enne italiano.
«Siamo sgomenti per gli infamanti depistaggi», dice l’avvocato dei Regeni, Alessandra Ballerini. «Non ci fermeremo davanti a una verità di comodo», ribadiscono la Farnesina e il premier Matteo Renzi.
Il vertice