«Un circolo nelle acciaierie» E il Pd torna in fabbrica con un presidio in stile pci
A Piombino la notizia del giorno è la ripresa della produzione delle acciaierie grazie all’accordo siglato dalla nuova proprietà algerina. Per lo stabilimento, uno dei luoghi simbolo dell’industria in Italia, una possibilità di rinascita impensabile fino a poco tempo fa. Ma questa settimana, sempre a Piombino, di notizia ce n’è stata un’altra, più piccola e dall’insolito sapore retrò: dopo tanti anni il Pd ha riaperto un circolo di fabbrica.
All’inaugurazione, raccontano i democratici locali, la sala era «gremita» anche «da tanti operai». Il governatore toscano Enrico Rossi, che vuole correre per la leadership del partito al congresso del 2017, non si stupisce: «Da noi certi legami non si sono mai abbandonati, il partito ha seguito le varie crisi aziendali: esserci è stato fondamentale ed è uno dei motivi per cui, qui, il Pd mantiene una certa forza». Il segretario della Fiom di Genova Bruno Manganaro, invece, sorride: «Inutile dire che una rondine non fa primavera, questa di Piombino non è nemmeno una rondine. Nelle fabbriche della mia zona — dall’Ilva alla Fincantieri all’Ansaldo — il Pd non c’è più. E da tempo».
All’inizio dell’anno in Liguria tra i metalmeccanici della Cgil e il Pd tirava una pessima aria: il segretario dei dem fu spintonato da alcuni lavoratori dell’Ilva, volarono anche degli sputi. Ai tempi Manganaro disse: «Ormai è più facile parlare con la Lega che con il Pd». Qualche mese dopo precisa: «Non rinnego quella frase ma ora le cose con i democratici sono un po’ migliorate. Io, poi, sono lontanissimo da Salvini ma, nella mio lavoro di sindacalista, constato che i leghisti nei nostri confronti sono stati attenti, pragmatici».
Lo scontro in Liguria tra il Pd e la Fiom era nato dopo che il segretario di Genova Alessandro Terrile, quello che poi fu aggredito, dichiarò che bisognava smetterla con i sostegni allo stipendio per i lavoratori dell’Ilva. «In pratica — dice Manganaro — per dimostrarsi “innovatori”, i renziani dicevano a quegli operai che erano dei “garantiti”. Un’offesa».
Per Enrico Rossi il tema delle relazioni, sempre più labili, tra le fabbriche e il Pd non nasce adesso «e non è certo colpa di Renzi». Al governatore non interessano gli amarcord, i tempi in cui «in ogni grande stabilimento c’era una sezione del Pci». Viceversa, ritiene che la questione sia più che mai attuale: «La sinistra si è lasciata convincere troppo in fretta che con la globalizzazione sparissero anche gli operai». Il punto, per Rossi, non è tornare alle «analisi del passato», ma capire che «parlare a tutta la società,
come vuol fare il Pd, non significa non avere un riferimento sociale». E per l’aspirante alla segreteria del partito il riferimento deve essere il «mondo del lavoro», compresi «quegli imprenditori che per mandare avanti l’azienda si ipotecano la casa».
Un tuffo nel passato però se lo concede: «Se, come si faceva ai vecchi tempi, mi affidassero il compito di coordinare le sezioni di fabbrica, io per prima cosa cercherei i giovani assunti con il Jobs act: vorrei sapere come stanno, quali sono le loro aspirazioni. E gli chiederei di entrare nel partito». Da Genova il sindacalista Manganaro è scettico: «Al Pd i lavoratori non interessano e, devo dire, nemmeno ai lavoratori interessa tanto il Pd. Se qualcuno in fabbrica esprime preferenze, lo fa per i Cinquestelle».
Per troppo tempo la sinistra ha pensato che gli operai non ci fossero più
Enrico Rossi Da anni i lavoratori non avevano un luogo dove riunirsi Il Pd di Piombino