Corriere della Sera

Ucciso dalla compagna con l’arma da samurai

Milano, lite in casa. Lei prende la spada e colpisce all’arteria femorale: 40enne morto dissanguat­o

- Cesare Giuzzi Gianni Santucci

Non doveva finire con un uomo morto dissanguat­o, la lite nel monolocale al terzo piano di un palazzo anonimo, in una strada elegante, vicino alla vecchia Fiera di Milano. «Adesso mi taglio, mi ammazzo, vuoi vedere?», ha urlato Valentina Aguzzi, anni 44, mentre tirava giù dalla parete una piccola spada giapponese e sfilava la lama dal fodero. A vederla con l’arma in mano, Mauro Sorboli, 40 anni, l’ha fissata dal letto e l’ha insultata, l’ha sfidata con lo sguardo e con le parole, le ha risposto: «Fammi vedere se sei capace». E ancora: «Fai come vuoi, chi se ne frega», e qualche parolaccia ancora. Urla e insulti erano frequenti, quando lui era ubriaco, e questo è avvenuto spesso nell’anno di convivenza che la coppia aveva alle spalle, nella casa di via Filippo Carcano. A sentir quella frase, quella provocazio­ne, la donna ha perso il controllo. Ha colpito appena sopra il ginocchio. La lama ha tagliato l’arteria femorale. L’uomo ha estratto la spada. Il sangue ha cominciato a sgorgare.

Mauro Sorboli è morto poco dopo le 15 di ieri e un’ora dopo la sua compagna ripeteva: «Non volevo ucciderlo».

Dice la verità, probabilme­nte. Lo testimonia il punto in cui l’uomo è stato colpito: non il petto, né la pancia, ma la coscia, là dove una coltellata (pur se sferrata con quella piccola katana da 30 centimetri) quasi sempre provoca solo una ferita e l’aggression­e si chiude con qualche punto e una denuncia per lesioni.

Valentina Aguzzi ha provato prima a tamponare il sangue, poi ha chiamato l’ambulanza. I poliziotti dell’Ufficio prevenzion­e generale della questura, guidati da Maria Josè Falcicchia, hanno ascoltato a lungo il racconto della donna, hanno atteso che si concludess­ero i

I soccorsi La donna ha provato a tamponare la ferita, ma per l’uomo non c’è stato nulla da fare

rilievi nella casa, a fine pomeriggio è stato firmato l’arresto in accordo col magistrato Roberta Colangelo. In serata la donna si è sentita male ed è stata portata in ospedale, al Fatebenefr­atelli, dove è ancora piantonata.

Dietro quell’istante di rabbia banale finito con la morte c’è una storia che sembra altrettant­o comune: Sorboli non lavorava, aveva la rendita di qualche appartamen­to in affitto, più la casa in cui viveva, poco più di un monolocale. Un paio di lontani precedenti, uno per droga, l’altro per una lite; spesso passava qualche ora in un locale sotto casa, di fronte al palazzo, e molti abitanti lo ricordano con un bicchiere sul tavolo. Anche ieri, stando alla prima ricostruzi­one degli investigat­ori, avrebbe bevuto prima della lite con la compagna.

Valentina Aguzzi, di quattro anni più grande, lavora come web designer per una casa discografi­ca nella zona nord di Milano. Non aveva mai avuto problemi con la legge. Vivevano insieme da un anno, non avevano figli e al momento dell’omicidio erano soli nell’appartamen­to al terzo piano. Anche il passato della coppia, però, era segnato da litigi. Lo hanno raccontato i vicini ai poliziotti, ma in nessun caso queste liti avevano portato a interventi delle forze dell’ordine o denunce.

Via Filippo Carcano è una strada rimasta nella memoria dei milanesi per un altro caso di cronaca: la giornata di follia di Andrea Calderini, che il 5 maggio di 13 anni fa uccise la moglie, una vicina di casa e, sparando dalla finestra, ferì tre persone che passavano in strada. Si uccise dopo un giorno intero d’assedio.

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