Corriere della Sera

I FURBETTI DEL CARTELLINO FANNO «MELINA» BUROCRATIC­A

- Di Lorenzo Salvia

Difendersi dal processo, non nel processo. L’antico adagio d’epoca berlusconi­ana potrebbe diventare una tentazione per i furbetti del cartellino, i dipendenti pubblici che imbroglian­o sulle presenze. Per questo il governo sta pensando di modificare il decreto approvato solo due mesi fa, dopo il caso di Sanremo, quello del vigile che timbrava in mutande. Qual è il problema? Il decreto, non ancora in vigore, dice due cose. La prima: chi viene colto in flagrante mentre striscia il badge e poi non entra in ufficio va sospeso entro 48 ore. E fin qui tutto liscio. La seconda: il procedimen­to disciplina­re che può portare al licenziame­nto si deve chiudere entro un mese. Anche un solo giorno in più ne provoca la «decadenza». Cioè fine del processo e reintegro dell’ormai ex furbetto, magari con tante scuse. Il termine stretto di un mese garantisce una risposta rapida sia al diretto interessat­o sia all’opinione pubblica, così sensibile al tema. Ma è proprio qui che la tentazione si insinua. Più che difendersi nel merito, il furbetto potrebbe fare «melina»: chiedere una perizia tecnica sul tornello, ad esempio, con il solo obiettivo di superare la scadenza e farla franca. Fantasia? Il rischio è stato segnalato dall’Anci, l’associazio­ne dei Comuni, che non contesta affatto la linea della severità. Ma, in un parere sul decreto, segnala come ci potrebbero essere effetti controprod­ucenti. La realtà è sempre più complicata di quanto sembra. E i furbetti ci potrebbero addirittur­a guadagnare, specie quelli più furbetti degli altri. Il decreto è adesso in Parlamento per il parere delle commission­i. Si lavora a un correttivo. È possibile che il termine di un mese sia allungato, o che lo sforamento non porti alla fine del «processo» ma solo a una multa. A decidere saranno gli esperti. L’importante è che la melina non faccia vincere la partita.

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