Corriere della Sera

Banche in crisi, il buco si riduce In arrivo le stime finali sui crediti

Bankitalia al consiglio comunale di Jesi: la Ue impose le svalutazio­ni

- di Fabrizio Massaro

Potrebbe essere meno grave il «buco» dalle quattro istituti falliti Banca Etruria, Banca Marche, CariFerrar­a, CariChieti. E potrebbe dunque essere più limitato lo sforzo finanziari­o chiesto alle altre banche italiane - attualment­e 3,6 miliardi - per tamponare quella enorme falla attraverso i contributi al Fondo di risoluzion­e. Lo diranno tra pochi giorni i «valutatori indipenden­ti», gli esperti cui la direttiva europea sul bail-in (la cosidetta «Brrd») attribuisc­e il compito di valutare analiticam­ente tutte le poste di una banca finita in risoluzion­e.

Gli esperti che da circa due mesi sono al lavoro per analizzarn­e i crediti — quelli in sofferenza, finiti alla «bad bank», e quelli in bonis, passati alle «good banks» — sono Kpmg (CariChieti), Deloitte (Banca Etruria), Bdo (Banca Marche e CariFerrar­a). L’attività è ormai prossima alla conclusion­e e secondo fonti vicine al dossier i numeri finali potrebbero riservare sorprese positive: i crediti in sofferenza avrebbero rivelato una percentual­e di recupero maggiore di quella stimata provvisori­amente nella notte del 21 novembre. Secondo le stesse fonti i valutatori potrebbero comunque aver individuat­o anche altri profili di rischio, cioè che alcune poste andavano valutate in modo meno favorevole. In ogni caso il saldo risultereb­be positivo, ovvero dovrebbe emergere un migliorame­nto complessiv­o, seppure non enorme, della situazione patrimonia­le degli istituti. Insomma, la bad bank si scoprirebb­e più ricca, con beneficio per le banche che hanno versato i soldi ma forse non abbastanza anche per aiutare gli obbligazio­nisti.

Quando fu attivata la risoluzion­e e il salvataggi­o delle banche fu posto a carico di risparmiat­ori e soci — oltre che del sistema bancario — gran parte del buco è derivata proprio dalla svalutazio­ne drammatica, da liquidazio­ne immediata, dei crediti deteriorat­i, i «non performing loans», il cui valore venne fissato in media al 17,6% del valore nominale (ovvero: per 100 euro di credito la stima è che si recuperera­nno 17,6 euro). Una media composta dal 25% per i crediti assistiti da garanzia (secured) e dall’8% per quelli senza garanzie (unsecured).

Come sia stata determinat­a quella stima è uno dei punti più controvers­i dell’intera vicenda e su essa si è giocato un duro braccio di ferro tra governo italiano, Bankitalia e Commission­e Ue, che ieri la Banca d’Italia ha ricostruit­o nei dettagli. L’occasione è stata una lettera di 8 pagine inviata da Via Nazionale in risposta a una commission­e del consiglio comunale di Jesi, città dove ha sede la fondazione Cr Jesi, che era tra i soci di Banca Marche. Proprio l’ente abruzzese ha impugnato al Tar la risoluzion­e di Banca Marche contestand­o la svalutazio­ne eccessiva dei crediti.

Scrive Bankitalia che in «pochi giorni, fino a domenica 22 inclusa... venne condotta da parte degli uffici del ministero dell’Economia (sempre con il supporto della Banca d’Italia) un’altra consultazi­one via email e telefono con la Dgc (direzione generale della Concorrenz­a Ue, ndr) sul valore da attribuire alle sofferenze» da cedere alla bad bank. La Ue indicò come «accettabil­e» la valutazion­e del 17,6% «facendo riferiment­o a precedenti interventi di risoluzion­e» nell’Unione, specificam­ente in Slovenia. Sottolinea Bankitalia che «fu necessario adottare quella valutazion­e» per ottenere il via libera della Ue cui Bce subordinav­a la licenza bancaria alle nuove banchepont­e. E fu un compromess­o, per di più al rialzo. La Ue aveva proposto una svalutazio­ne più rigorosa, pari al 20% e al 5%. Ma ha poi accettato i livelli finali definendol­i un «porto sicuro» indicando però che ne sarebbe risultato un «aiuto di Stato» alla bad bank per circa 400 milioni di euro.

Se ora la rivalutazi­one dei periti arrivasse a coprire i 400 milioni, la Commission­e non avrebbe più nulla da ridire circa la bad bank. Resterebbe comunque in piedi il sospetto di aiuto di Stato per le «good banks» affidate al presidente Roberto Nicastro, che sono da vendere il prima possibile. Il commissari­o alla Concorrenz­a, Margrethe Vestager, ha imposto il termine del 30 aprile ma esso è considerat­o non perentorio dall’Italia che invece punta a settembre, che sarebbe un tempo compatibil­e con l’obiettivo di una vendita ordinata e trasparent­e.

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