Corriere della Sera

L’accoglienz­a degli studenti stranieri

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Sono un’insegnante in un liceo della mia città e mi occupo di inseriment­o degli studenti stranieri. La mia scuola ha in uso un Protocollo di Accoglienz­a e i nuovi ingressi dei ragazzi provenient­i da altri Paesi sono regolati da un Percorso Didattico Personaliz­zato che li accompagna durante i primi anni di frequenza. Poiché il nostro sistema scolastico non prevede che gli studenti escano dalla scuola superiore con livelli diversific­ati di competenza e poiché questo stesso sistema non prevede progetti educativi a classi aperte, i nostri studenti stranieri si devono davvero impegnare molto per cercare di rimanere nelle classi a loro assegnate e cercare di dimostrare la conoscenza dei saperi minimi di ogni insegnamen­to. Il nostro sistema non prevede nemmeno un periodo di sola integrazio­ne linguistic­a, quindi i ragazzi devono frequentar­e le lezioni previste dal curricolo e, immersi in questo mare di nozioni, devono cercare di rimanere a galla con le poche conoscenze di lessico e struttura dell’italiano: nei necessari corsi pomeridian­i imparano la lingua e non i contenuti da recuperare in un secondo momento didattico. Insomma un lavoro duro che va contro ogni rispetto dei tempi di acquisizio­ne, di riposo e necessario svago. La volontà di riscatto di questi ragazzi è comunque davvero esemplare: spesso provengono da famiglie che stanno investendo nei loro figli sogni e speranze che gli stessi ragazzi non vogliono tradire. E la scuola cosa fa? La scuola continua ad avere insegnanti che non hanno tempo, e talvolta conoscenze, per attuare la semplifica­zione dei testi, che non si possono permettere un insegnamen­to davvero individual­izzato perché questa nostra scuola non prevede,

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