Corriere della Sera

Poche regole per star bene eppure non le seguiamo)

Si parla sempre più spesso del «paradosso della salute». È il fenomeno che descrive l’atteggiame­nto più diffuso nella cura di noi stessi, quello che ci rende pronti a seguire le «mode» nelle scelte alimentari o nel fitness e invece a trascurare le norme,

- E. M.

e alle proprie condizioni.

Capisaldi di prevenzion­e che tutti sanno: come ha riferito di recente il New Scientist, il 76% della popolazion­e conosce i “fondamenta­li” dello stile di vita. Peccato, però, che a metterli più o meno in pratica sia solo il 45% e ci sia un buon terzo di persone che non muove un dito pur sapendo quel che dovrebbe fare per stare bene: un “paradosso della salute” che rischia di minare alla base la medicina di domani, che pian piano sarà sempre meno terapia delle malattie e sempre più mantenimen­to (a lungo) dello stato di benessere.

I motivi di questa contrad- dizione sono parecchi, come spiega Ovidio Brignoli, vicepresid­ente della Simg (Società italiana di medicina generale): «Il numero di persone attente a un sano stile di vita è in crescita, ma le buone abitudini hanno bisogno di costanza per portare frutti. Tanti provano a fare movimento, smettere di fumare, mangiare meglio, ma poi si stufano e tornano ai vecchi errori. Purtroppo oggi predomina l’idea che si possa avere tutto, subito e senza sforzo: una pillola miracolosa per dimagrire, un’altra che regala gli effetti dell’esercizio fisico e così via, con scappatoie facili di ogni genere. Che però non Non si diventa diabetici o ipertesi dalla sera alla mattina: a molti sfugge la transizion­e dalla normalità alla malattia perché si punta l’attenzione solo ai numeri dei fattori di rischio, che però sono convenzion­i funzionano: non esiste una via breve per cambiare lo stile di vita, occorre crederci e impegnarsi ogni giorno. Un compito difficile soprattutt­o perché le buone abitudini dovrebbero prenderle innanzitut­to le persone sane per evitare di ammalarsi, ma chi non ha una preoccupaz­ione per la propria salute, per una minaccia tangibile, fa fatica a privarsi di ciò che vive come un piacere: alcol, dieta golosa e altro».

Siamo restii a cambiare davvero le nostre consuetudi­ni soprattutt­o perché ci manca la consapevol­ezza del pericolo, come conferma Franco Perticone, presidente della Simi (Società italiana di medicina interna): «Chiunque tende a essere indulgente con se stesso, quando si auto-valuta per il rischio cardiovasc­olare o di altre malattie in base alla vita che conduce o alle proprie caratteris­tiche. La percezione del pericolo di chi non ha una patologia in atto è scarsa o nulla, spesso purtroppo lo è anche quella del medico. Anche perché non di rado si “dimentica” di valutare la situazione di ciascuno nella sua complessit­à: i fattori di rischio non si sommano, ma moltiplica­no la probabilit­à di malattia. Peraltro le patologie croniche che minano di più l’aspettativ­a di vita in salute, dall’ipertensio­ne al diabete, non danno sintomi evidenti per molto tempo». Risultato: non pensiamo che possano riguardarc­i. «Spesso si sottovalut­ano glicemia ai limiti, pressione borderline, colesterol­o vicino alla soglia — osserva Perticone —. Tuttavia non si diventa diabetici o ipertesi dalla sera alla mattina: a molti sfugge la transizion­e dalla normalità alla malattia “conclamata” perché si punta l’attenzione solo ai numeri dei fattori di rischio, che però sono convenzion­i. Se in un paio di anni la glicemia a digiuno passa da bassa a sfiorare la soglia, sta accadendo qualcosa a cui porre rimedio prima che siano superati i limiti. Morale, per migliorare l’aderenza agli stili di vita e risolvere il paradosso della salute forse tutti dovremmo sentirci un po’ più malati». Un’esagerazio­ne, certo, ma rende l’idea di quanto sia difficile per i medici convincerc­i a cambiare rotta. Forse un modo per riuscirci sarebbe un’educazione sanitaria seria nella scuola, come tutti gli esperti auspicano. «In Italia fondi destinati alla prevenzion­e sono circa il 5% del totale e di questi l’80% è inutilizza­to — spiega Ovidio Brignoli —. Vuol dire che non c’è coscienza di quanto sia importante»

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy