I quattro pazienti-tipo di fronte al medico
Cercare di convincere tutti noi dell’importanza di uno stile di vita sano e non riuscirci è il cruccio di tutti i medici.
Secondo un’indagine condotta nel Regno Unito e riportata dalla rivista New Scientist, esistono (almeno) quattro tipi di pazienti.
C’è il “combattente”, dotato di forza di volontà, con il quale bisogna procedere dando ordini perentori senza troppe spiegazioni dettagliate; oppure l’”analitico”, che, al contrario, prima di decidersi a cambiare abitudini vuole chiarimenti e dati precisi; c’è poi l’”ottimista”, con cui invece si è efficaci mostrando i benefici che otterrà grazie ai suoi sforzi; e infine il “sensibile”, che ha bisogno di un medico che lo guidi per mano, lo calmi e ne ascolti le preoccupazioni.
«Tagliare la comunicazione su misura è essenziale per veicolare i messaggi, nella logica del rapporto individuale medico-paziente — conferma Ovidio Brignoli, vicepresidente Simg —. Dobbiamo sempre tener conto di chi abbiamo davanti: un’anziana ha bisogno di parole e attenzioni diverse da un giovane che arriva in ambulatorio dopo aver setacciato Internet. Inoltre, occorre reiterare il messaggio: solo così si può sperare che prima o poi “passi”». «Nella prevenzione primaria indicazioni e strategie vanno condivise e concordate: tutti dovrebbero confrontarsi regolarmente col proprio medico di famiglia anche quando pensano di essere in salute — aggiunge Franco Perticone, presidente Simi —. Purtroppo la prevenzione primaria ( quella che serve a scongiurare una malattia, mentre quella secondaria serve a evitare che si ripresenti, ndr) fa acqua e perfino la secondaria è trascurata».
Oltre a una miglior comunicazione fra medico e paziente, un aiuto potrebbe arrivare dalle nuove tecnologie: essere seguiti giorno e notte dagli “allenatori virtuali” sullo smartphone che incitano ad arrivare ai fatidici 10 mila passi quotidiani, monitorare pressione o frequenza cardiaca, avere in tasca app che aiutano a far la spesa o comporre un pasto sano potrebbero essere la svolta verso uno stile di vita più salutare. Un pungolo, per quanto virtuale, potrebbe essere una carta vincente per qualcuno. «Questi strumenti servono da “motivatori”, soprattutto per i più giovani — osserva Brignoli —. Naturalmente occorre affidarsi a prodotti di qualità; inoltre, sarebbe comunque meglio farsi seguire da un medico per tracciare i risultati reali».
Insomma, una app può servire anche molto, ma non sempre basta anche perché dev’essere affidabile.
«La maggioranza dei prodotti manca ancora di verifiche scientifiche che confermino un effetto tangibile su salute e forma fisica — sottolinea David Ellis dell’Università inglese di Lancaster, che ha condotto di recente un’indagine sull’argomento —. Le statistiche dicono anche che un terzo degli utenti li abbandona entro sei mesi, la metà entro il primo anno; e l’accuratezza dei dati non è sempre eccellente, visto che recenti confronti fra vari strumenti per tracciare l’attività giornaliera hanno mostrato margini di errore che arrivano fino al 25 per cento».
Fidarsi sì, quindi, ma non sempre e non del tutto. Certamente possono essere utili anche e soprattutto i “motivatori” reali, come consiglia Perticone: «Le tecnologie implicano una capacità di autogestione che molti non possiedono. Allora serve di sicuro creare gruppi di amici con cui uscire per fare attività fisica: la compagnia degli altri sarà sempre piacevole e gratificante, incontrarsi con qualcuno per fare sport può spronare molti a trovare finalmente il tempo che spesso manca per un esercizio fisico regolare».